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LA SECONDA GUERRA MONDIALE

IL BATTAGLIONE NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

  1. A.FRONTE OCCIDENTALE:

Per gli effetti della Mobilitazione nell’autunno del 1939 il Battaglione si sposta da MERANO nella zona di IVREA e precisamente a SETTIMO TAVAGNASCO.

Il Comandante di Battaglione è il Maggiore Aldo CERUTTI.

Il 10 giugno 1940, primo giorno di guerra, il Battaglione Tirano è nel 5° Reggimento Alpini ed è inquadrato nella 2a Divisione Alpina “Tridentina” unitamente al 6° reggimento alpini e al 2° reggimento artiglieria alpina.

Agli ordini del 5° reggimento alpini partecipa alla battaglia del Fronte Occidentale inizialmente schierandosi nella zona di MORGEX in attesa di ordini.

Il comandante del 5°, tenuto conto della scarsa conoscenza della zona, dispone che il mattino del 21 vengano effettuate ricognizioni della zona del Col de la Seigne per prendere conoscenza del terreno di operazione.

Senonché alle ore 4,05 antimeridiane dello stesso giorno 21 il reggimento riceve l’ordine di muovere immediatamente verso il Col de la Seigne e si mette in marcia.

L’ordine di operazione del Comando della Divisione “Tridentina”, pervenuto due ore dopo, contiene le disposizioni relative all’azione da svolgere il giorno 21 anziché il 23 e stabilisce che una colonna (di destra), comandata dal colonnello Fassi e costituita da due battaglioni del 5°, dal battaglione “Duca degli Abruzzi” e dal reparto alfieri occupi i Colli des Fours, du Bonhomme e del la Croix de Bonhomme e successivamente il Colle Cormet de Roseland, mentre una seconda colonna (di sinistra), costituita da una compagnia del battaglione “Duca degli Abruzzi” deve occupare il Col d’Oueillon.

La riserva è costituita da un battaglione del 5° (“Morbegno”) e dal battaglione “Verona” del 6° Alpini.

L’artiglieria è costituita da tre batterie del Gruppo “Bergamo” e una del Gruppo “Aosta” che devono schierarsi nella zona di Col de la Seigne per azione di appoggio.

 L’ordine prescrive inoltre che l’operazione venga condotta con la massima arditezza ai fini di una occupazione il più profonda possibile oltre confine e che abbia inizio non più tardi delle ore 9,30.

21 giugno 1940 . Il reggimento, usufruendo dell’unica carrareccia che percorre la valle, si trasferisce verso la zona di Col de la Seigne. I battaglioni, “Edolo “ e “Tirano” accelerano il movimento per raggiungere la zona loro assegnata, seguiti dalle colonne rifornimento munizioni e dalla 5a sezione sanità reggimentale, mentre il “Morbegno” provvede a collocare una linea di posti di corrispondenza da la Visaille al Col de la Seigne.

Il comandante del 5°, unitamente ai comandanti dei battaglioni “Edolo” e “Tirano”, si porta alla Casermetta de L’Allée Blanche per prendere contatto con il comandante del battaglione “Duca degli Abruzzi” e impartirgli gli ordini per l’azione da svolgere.

Il compito del battaglione e del reparto alfieri è quello di effettuare un’azione per l’altro e per la destra in direzione di Monte Tondu – Col d’Enclave, con il reparto alfieri sulla linea di cresta dei Glaciers del Glaciers in direzione degli obiettivi suddetti.

Alle ore 9,30 escono oltre i confini i primi elementi esploranti del battaglione “Duca degli Abruzzi” dalle loro posizioni in zona di Col de la Seigne, mentre la 33a batteria del gruppo “Bergamo” prende posizione.

Le buone condizioni del momento permettono l’osservazione del terreno oltre confine.

Sulle prime non vi è alcun indizio dell’avversario. Alle 12,30 artiglieria nemica di picclo calibro comincia a battere con alcuni colpi il Col de la Seigne e l’immediato rovescio di esso dove nel frattempo si erano attestati la 50a compagnia e gli esploratori “dell’Edolo”.

L’”Edolo” ha il compito di agire decisamente dal Colle de la Seigne per il costone a nord-ovest dei Chalets de la Lanchette - abitato Belleval con obiettivo il costone che scende da q. 2424 sull’abitato di Ville des Glaciers, spingendosi possibilmente fino a Seloge.

Il comandante del 5° si propone di impadronirsi con l’”Edolo” della zona di maggiore facilitazione al movimento in direzione del Col des Fours verso il quale lanciare poi il “Tirano” tenuto in secondo scaglione sul rovescio del Col de la Seigne.

Poco dopo le 13 le condizioni atmosferiche cominciano a mutare e peggiorano sempre più coprendo la zona di una fitta nebbia. Nel pomeriggio, pioggia nevischi e vento sottopongono le truppe a notevole disagio fisico.

Nonostante l’avversità del tempo, le gravi difficoltà del terreno e la violenta reazione del fuoco dell’artiglieria nemica l’”Edolo£ riesce ad attestarsi a tarda sera all’altezza dei Chalets de la Lanchette dopo aver preso collegamento a vista con battaglione “Duca degli Abruzzi” rimasto alquanto più indietro. Elementi del reparto alfieri si sono spinti avanti lungo la linea di cresta a nord del Glaciers des Glaciers mentre la 103a compagnia del battaglione “Duca degli Abruzzi” ha occupato con suoi elementi il Col de l’Oueillon incontrando qualche reazione di mitragliatrici nemiche.

Nel corso della giornata la 32a e la 33a batteria del gruppo “Bergamo” prendono posizione a sud del Col de la Seigne ma la ripidità del terreno e le condizioni di innevamento impongono gravose fatiche per il trasporto dei pezzi a spalla.

22 giugno 1940 . A mezzanotte del giorno 21 giugno il comando del 5° riceve l’ordine di proseguire l’azione il giorno dopo.

Alle 6 del 22 giugno con condizioni atmosferiche avverse, durate tutta la notte, i battaglioni riprendono l’avanzata: l’!Edolo” verso la zona di Ville des Glaciers, il “Tirano” serrando sotto all’”Edolo” col compito di sfilare per l’alto a nord di Les Tufs e puntare decisamente sul Col des Fours, il “Duca degli Abruzzi” sulla destra dell’”Edolo” per occupare il Col d’Enclave.

Il gruppo “Bergamo” effettua un breve e violento concentramento su una batteria nemica nei pressi di Seloge con tiri aggiustati ed efficaci. Da constatazioni successive risulta che si tratta di un’opera permanente costruita in caverna, cinta da reticolati su più file e comprendente postazioni armate di mitragliatrici in casematte ed in caverne disposte ai lati dell’opera principale.

Contro questi complessi di apprestamenti difensivi nemici viene ad urtare l’”Edolo” con le sue due compagnie avanzate, la 51a a sinistra, a cavallo del torrente des Glacies, la 52a a destra avanzante da Belleval verso Les Tufs.

Mentre la 51a è costretta a sostare di fronte alla Ville des Glaciers dove è soggetta ad intenso fuoco nemico di artiglieria e mitragliatrici, la 52a (tentente Arrigo Pasini) con abile manovra sorretta da ardimento e decisione, effettua un riuscito attacco avvolgente contro un gruppo di centri di resistenza nemici appoggiati ad un ridotto in calcestruzzo e presidiati da una cinquantina di avversari amati di cinque fucili mitragliatori e armi varie.

      
   
                                                                         II 1 

Alpini in marcia

   
   

 Gli alpini della 52a lanciatisi con le loro sole armi contro un nemico sistemato a difesa conseguono un risultato veramente notevole. Conquistano tutti i centri di resistenza, esattamente otto, annientando i difensori tra i quali l’ufficale comandante, catturano parecchi prigionieri, armi munizioni materiali vari e si sistemano sulla posizione conquistata senza aver subito notevoli perdite.

Il tiro dell’artiglieria avversaria continua ad arrecare perdite e a costringere gli altri reparti ad una temporanea sosta mentre perdurano le più avverse condizioni atmosferiche.

A causa di un equivoco causato dalla nebbia il battaglione “Duca degli Abruzzi”, che riteneva di essere dislocato sul davanti del “Tirano” in direzione Bellevall – Col des Fours, riceve l’ordine dal comandante di reggimento di occupare detto colle e quello d’Enclave.

Chiarito l’equivoco e stabilita l’esatta posizione del battaglione “Duca degli Abruzzi”, che trovasi lateralmente al “Tirano” e più in alto, viene ripristinato l’ordine che l’azione verso il Col des Fours venga attuata dal “Tirano”. Verso mezzogiorno un ordine di operazioni del Comando Divisione, premesso che l’aviazione segnala movimenti nemici in ritirata verso Bourg St. Maurice e che la resistenza nemica si sta affievolendo, dispone che vengano formate due colonne per procedere con la massima celerità e la massima spregiudicatezza verso gli obiettivi di Col des Fours, Col du Bonhomme, e successivamente su Beaufort.

Il comandante del 5° alpini deve operare con una colonna costituita dai battaglioni “Tirano”, “Edolo” e “Duca degli Abruzzi”, dal comando del gruppo “Bergamo” con due batterie muovendo per la direttrice del Col des Fours.

Ma le notizie relative alla affievolita resistenza del nemico, per quanto riguarda il settore del 5°, non rispecchiano fedelmente la reale situazione. Gli intensi tiri di artiglieria nell’alta Valle Glaciers e particolarmente ad ovest del Col de la Seigne e sulle zona di Belleval e di Ville des Glaciers fanno ritenere che il nemico intenda opporre una resistenza ad oltranza sui tre noti colli.

Il comandante del 5° richiede pertanto una adeguata preparazione di artiglieria o bombardamenti aerei sulle postazioni di artiglieria nemiche per poter attuare il compito assegnatogli.

Nessuna della azioni richieste può essere effettuata. Per la notte i reparti sistemano provvisoriamente sulle posizioni raggiunte attuando attenta vigilanza ed attiva esplorazione, onde essere pronti a sfruttare qualsiasi favorevole occasione per balzare innanzi sugli obiettivi assegnati.

Da due giorni gli alpini del 5° combattono in condizioni particolarmente sfavorevoli, su terreno aspro e innevato e su ghiacciai con condizioni atmosferiche avverse e senza la possibilità di ricevere rancio caldo.

Il giorno 23 il tempo peggiora notevolmente. Neve e tormenta sulle quote più alte e pioggia battente nella Valle di Glacier.

L’artiglieria nemica batte incessantemente le posizioni occupate dalle truppe avanzate e il terreno posto tra queste e la zona del Col de la Seigne.

Per ordine del comando di reggimento “l’Edolo” prepara un colpo di mano per l’eliminazione del caposaldo di Seloge consistente in un’opera fortificata dotata di un cannoncino, fucili mitragliatori e ben munita di reticolati.

L’azione, che doveva essere appoggiata da un pezzo da 75/13, non ha luogo nel corso della giornata anche perché, sia per le difficoltà di terreno incontrate, sia per l’azione dell’artiglieria avversaria, il prezzo non può prendere tempestivamente posizione nella zona assegnatali.

La reazione avversaria ostacola qualunque movimento inteso ad avvicinare i reparti alle posizioni da attaccare e nessuna azione di sorpresa può essere attuata in quanto il nemico ha esattamente individuato e inquadrato con i propri tiri tutte le posizioni sulle quali sono attestate le nostre truppe avanzate.

Il “Tirano”effettua una forte ricognizione in direzione di Col des Fours con la 48a compagnia che si porta fino ad un chilometro dal Colle spingendo ardite pattuglie al comando di ufficiali fino ad entrare nel raggio del tiro efficace dei fucili

       
   
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Pattuglia del Tirano verso il Colle des Fours comandata dal Ten. Battista Silvestri.

Il     giorno 23/6 il Tenente ferito nell’ardita azione fu decorato di Medaglia di    

Bronzo al Valore Militare.

(archivio     Silvestri)

   
   
         
                                                                                     II3
                                                                                       22/06/1940Valle des Gliciers    (Archivio Silvestri)   
   

 

mitragliatori e delle mitragliatrici che coronano il ciglio tattico delle posizioni nemiche del Colle.

La 87a compagnia del battaglione “Duca degli Abruzzi” e il reparto alfieri raggiungono il Collo d’Enclave occupato il giorno prima da un plotone della stessa compagnia.

24 giugno 1940 . La ricognizione della 48a compagnia ha svelato una robusta organizzazione difensiva nemica armata di numerose armi automatiche e di artiglierie di piccolo e medio calibro che agiscono con tiri incrociati e a sbarramento di tutta la testata dell’impluvio che da Valle Glaciers attesta al Colle des Fours.

L’Edolo è riuscito ad accertare che il caposaldo di Seloge è costituito da un sistema di opere e postazioni molto più complesse e robuste di quanto ritenuto in precedenza.

Praticamente la lotta tra il 5° e il nemico si riduce ad un insostenibile duello tra gli alpini dell”Edolo” e del “Tirano” e un notevole numero di batterie avversarie che concentrano il loro tiro sui nostri reparti.

L’organizzazione difensiva avversaria è tale da non poter essere superata con i soli mezzi di fanteria e di artiglieria alpina senza una adeguata disponibilità di artiglierie di medio calibro atte a neutralizzare efficacemente l’offesa nemica.

In queste condizioni i reparti del 5° si organizzano allo scopo di mantenere saldamente le posizioni raggiunte esplicando attiva vigilanza atta a sfruttare qualunque indizio di cedimento da parte del nemico.

Nella serata del 24 giugno il comando del 5° riceve notizia dal Comando di Divisione che alle ore 19,35 è avvenuta la firma dell’armistizio e ordina ai reparti dipendenti di sospendere ogni movimento allo scopo di evitare ulteriori perdite.

 

         
   
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L’avversario continua per tutta la giornata fino a notte inoltrata i suoi intensi tiri di artiglieria e, infine, tra le ore 23,40 e le ore 23,55, effettua un ultimo intensissimo concentramento di fuoco su tutte le posizioni occupate dal 5°.

Alle 1,35 del 25 giugno cessa completamente la lotta su tutto il fronte.

Il Comandante del 5° nella “Conclusione” della sua relazione dice: “L’azione affidata alla mia colonna ha avuto netto carattere di operazione di movimento, in terreno non precedentemente riconosciuto con organizzazione potuta imbastire all’ultimo momento, senza preparazione di artiglieria, in condizioni difficilissime naturali per asprezza e altitudine degli ostacoli da vincere, condizioni aggravate dalle più avverse difficoltà meteorologiche, azione affidata e svolta essenzialmente da reparti alpini senza possibilità di un adeguato appoggio del fuoco d’artiglieria.

Tuttavia, come ho già messo in rilievo, tutti i miei dipendenti hanno affrontato la dura prova animati dal più elevato morale, da alto spirito di sacrificio, forte sentimento del dovere dimostrando tenacia, aggressività, calma e freddezza veramente ammirevoli. Alla pari dei combattenti, anche gli addetti ai servizi, e specialmente a quello sanitario, si prodigarono nell’assolvimento coscienzioso e senza sosta né riposo, del proprio dovere.

I comandanti dei battaglioni “Edolo” e “Tirano”, in particolare, hanno esplicata brillante azione di comando, mettendo in evidenza le loro doti di capacità alla cooperazione tattica e la loro disciplina spirituale per cui essi furono sempre pronti in ogni momento a dare intelligente esecuzione ai miei ordini”.

* * *

Nei quattro giorni di lotta il 5° cattura 15 prigionieri, 5 fucili mitragliatori ed altre armi e materiale vario senza dover lamentare prigionieri lasciati in mano nemica o armi perdute.

Le perdite subite dal 5° nelle operazioni sul fronte alpino occidentale sono le seguenti:

n° caduti 18 (2 s.uff+16 alp. ), n° feriti 105 (7 uff+2 s.uff.+ 96 alp.), n° congelati 25 alpini.

Il 26 giugno il comando del 5° sostituisce il battaglioni “Edolo” e “Tirano”, in occupazione avanzata, a mezzo di reparti del battaglione “Duca degli Abruzzi” il cui comandante assume la responsabilità dell’occupazione in Valle Torrente Glaciers da Col d’Enclave a Ville des Glaciers.

Il giorno stesso tutto il 5°, con i servizi, si riunisce nella zona di Cantina de la Visaille e il giorno 30 si trasferisce a Valdigna d’Aosta dove i reparti provvedono al loro riordinamento e riprendono le normali istruzioni.

Dopo una sosta nella zona di Fenis, dal 9 al 29 luglio, il 5° si trasferisce nel Trentino e precisamente nella zona Andalo, Fai, Cavedano e successivamente a S. Virgilio di Marebbe.

Verso la metà di ottobre ha inizio il congelamento degli appartenenti alle classi 1913 e più anziane.

I reparti attendono alle normali istruzioni ed effettuano esercitazioni varie.

Nei giorni 21 e 22 ottobre i reparti del 5° si trasferiscono a Merano e dintorni dove hanno inizio le operazioni di approntamento e completamento.

 

 

 

     
                                                                         II 6
                                                                                  Visita di Umberto di Savoia Comandante del Gruppo di Armate   
   

 

A conclusione di questi pochi giorni di lotta su nostro primo fronte di guerra del secondo conflitto mondiale debbo ricordare i tre battaglioni “Valle” del 5° mobilitati nell’autunno 1939. I tre battaglioni “Val d’Intelvi”, “Valtellina” e “Val Camonica”, unitamente a cinque batterie di artiglieria alpina, costituiscono il 5° Gruppo Alpini Valle inquadrato nel II Raggruppamento Akoubu. Questi fa parte del II Corpo d’Armata al quale è assegnato il Settore Operativo Po-Maira-Stura, dal Monte Granero al Torrente MIllieres.

Nel corso dei quattro giorni di aspra lotta condotta dalle colonne del Col de la Seigne (5° Alpini), del Piccolo San Bernardo, del Col du Mont e dalle truppe del Settore Germanasca Pellice, il II Raggruppamento Alpini il giorno 22 muove dalla testata della Val Varaita e raggiunge, al di là dell’Ubaye, l’obiettivo assegnatogli, la Montagne de Cristillan, senza incontrare resistenza.

Al termine della battaglia del fronte Alpino Occidentale i tre battaglioni “Valle” vengono sciolti e gli elementi idonei vengono destinati a completare i battaglioni permanenti del 5°.

     B.   FRONTE GRECO ALBANESE:  

L’Italia, nel dichiarare guerra alla Grecia, il 28 ottobre 1940, fece due gravi errori di carattere strategico: l’impiego di forze eccessivamente esigue in relazione a quelle avversarie e la decisione di agire in una stagione troppo avanzata verso l’inverno, che, specie in Balcania, è particolarmente rigido.

Queste brevissime considerazioni sono necessarie per mettere in risalto gli eccezionali sacrifici ai quali furono sottoposte le nostre truppe per far fronte ad una situazione strategica decisamente sfavorevole e per sopperire con grande abnegazione e strenuo valore all’inferiorità numerica.

E non solamente le truppe alpine, ma tutte le armi e specialità diedero prova del loro valore in una lotta durissima contro un avversario valoroso che non solo era numericamente superiore, ma aveva maggiore facilità di rifornimenti ed il sostegno, in campo aereo e logistico, delle forze armate inglesi.

Nell’ottobre 1940 il 5° è dislocato in Alto Adige con la Divisione Alpina “Tridentina” e sta provvedendo alla smobilitazione in atto con il congelamento delle classi anziane.

Ricevuto l’ordine di approntamento vi provvede dal 14 ottobre al 2 novembre ripianando i vuoti lasciati dai congedati con elementi idonei dei disciolti battaglioni “Valle”. La forza dei reparti viene così portata al 90% mentre le salmerie sono completate al 100% con conducenti e quadrupedi dei suddetti battaglioni.

Il completamento delle dotazioni di materiali viene attuato attingendo dai più disparati Centri di Mobilitazione e alle ore 24 del 2 novembre il 5° e la “Tridentina” sono approntati come da ordini ricevuti.

Il 5° è sempre al comando del colonnello Carlo Fassi ed è dalla sua “Relazione sui fatti d’arme” che traggo le notizie relative alla campagna sul fronte greco-albanese.

Aiutante maggiore in 1a del reggimento è il maggiore Pierantonio Chiaradia e i comandanti di battaglione sono: “Morbegno”, maggiore Mario Frignone; “Tirano”, maggiore Gaetano Loffredo; “Edolo”, maggiore Adolfo Rivoir.

         
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                                                                      Il Morbegno e l’Edolo viaggiano in aereo, il Tirano per ferrovia e per nave   
   

 

Il 5° partecipa alla campagna sul fronte greco-albanese nella seguente formazione:

                                           Comando di reggimento:

                                           Compagnia comando reggimentale.

                                           Battaglione “Morbegno”:

                                           -     Compagnia comando

                                           -      44 a compagnia

                                           -      45a compagnia

                                           -      47a compagnia

                                           Battaglione “Tirano”:

                                           -      Compagnia comando

                                           -     46a compagnia

                                           -     48a compagnia

                                           -     49a compagnia

                                           Battaglione “Edolo”:

                                           -     Compagnia comando

                                           -       50a compagnia

                                           -       51a compagnia

                                           -       52a compagnia

                                           5a sezione sanità:

                                           -       618° ospedale da campo

                                           -       5° nucleo sussistenza

                                           25° reparto salmerie.

Il 5° inizia il trasferimento in ferrovia diretto a Brindisi, il 4 novembre 1940. Da Brindisi, nei giorni 10, 11 e 12 novembre, raggiunge l’Albania: il “Morbegno” e “l’Edolo” aviotrasportati, il “Tirano” e i reparti minori via mare.

         
   
                                                                                 II8  

VALONA -   si sbarcano i muli del reggimento

 

La quasi totalità dei quadrupedi rimani a Brindisi e raggiungerà il reggimento tardivamente in quanto impiegata temporaneamente in ausilio ad altre unità di fanteria e di artiglieria sprovviste di salmerie.

Ne consegue che i reparti raggiungono l’Albania in precarie condizioni e fortemente menomati nella loro efficienza perché privi dei propri mezzi di trasporto.

In queste condizioni i battaglioni vengono mandati affrettatamente su posizioni sconosciute non ben definite dove talvolta debbono apprendere, a proprie spese, in quale direzione si trovi il nemico.

Il Generale Fassi mi ricorda questi particolari con l’amarezza del comandante che deve portare i suoi reparti in linea allo sbaraglio e con altrettante fierezza mette in risalto il loro valoroso comportamento nonostante le difficili condizioni nelle quali vengono impiegati. Mi racconta, pure, alcuni gustosi episodi.

La sera del 12 novembre – a Durazzo – gli alpini stanno ultimando di scaricare i materiali dai piroscafi “Aventino” e “Città di Milano” con i quali sono giungi dall’Italia.

Verso le 20,30 viene dato l’allarme aereo e tutto il personale di bordo si precipita a terra invitando gli alpini ad abbandonare le navi. Dopo un po’ di tempo, mentre perdura l’allarme, sulle scalette della nave deserta appaiono alcuni alpini, carichi di prosciutti, salami, forme di formaggio e damigiane di vino, che scendono a terra.

Cessato l’allarme vengono redarguiti vivacemente per non aver ottemperato all’ordine di abbandonare la nave e per essere andati a svaligiare la cambusa. Candidi come angioletti si giustificano dicendo che si sono preoccupati di mettere in salvo tutta quella “grazia di Dio” perché, qualora la nave fosse affondata, sarebbe andata a finire ai pesci.

13 NOVEMBRE – 31 DICEMBRE 1940

 

Il 13 novembre il 5° con i due battaglioni “Morbegno” e “Edolo” è già attestato sulle alture della regione montuosa di Morata (Coriza), a contatto col nemico il quale esercita una forte pressione contro il nostro schieramento che, per la vastità del fronte da difendere in relazione alle forze disponibili, presenta preoccupanti soluzioni di continuità anche in tratti molto importanti, essendo la proporzione delle forze all’incirca di sette a uno.

Il “Morbegno”, temporaneamente assegnao alla Divisione Fanteria “Piemonte”, sostiene dal 14 novemrbe in poi accanitissimi combattimenti sulle alture di M. Lofka a q. 1828, subendo gravi perdite in ufficiali e truppa, ma arrecando al nemico – che durante più giorni reiterava i suoi attacchi contro le posizioni strenuamente difese dal battaglione – grande numero di morti e feriti, catturando molte armi automatiche ed altro materiale. In una stessa giornata l’importatnte posizione di q. 1828, sulla quale si afferma definitivamente il “Morbegno”, passa per ben sei volte da una mano all’altra a seguito degli attacchi e contrattacchi nostri e nemici.

L’”Edolo”, arrivato nella notte sul 15 novembre in zona di Dardhe, sostiene subito combattimenti di particolare violenza nella zona di M. Lisec – Sella di Bobostici, conseguendo i medesimi brillanti risultati del “Morbegno” e cioè: mantenimento integrale delle posizioni affidate alla sua difesa, gravissime per dite inflitte all’avversario in morti, feriti, prigionieri, armi automatiche ed altro materiale bellico catturati. Anche l’”Edolo”, però, paga un generoso e grave contributo di sangue sia di ufficiali che di alpini.

Il Generali Fassi mi racconta che il giorno precedente – 14 novembre – mentre “l’Edolo” sta raggiungendo Corizia autocarrato per poi proseguire per Dardhe, la colonna viene ripetutamente sorvolata, a volo radente, da uno di quegli aerei greci che avevano la parvenza di apparecchi da turismo e che l’umorismo alpino aveva subito battezzati “vorrei volare”.

Gli alpini scorgono distintamente la figura di un soldato che sporgendosi dall’aereo lascia cadere sulla colonna alcuni spezzoni. Uno degli alpini seduto al margine di un autocarro spara contro l’aereo col moschetto, e mentre i suoi compagni ridono di questa sua inutile bravata, l’aereo cade a cinquanta metri dalla colonna incendiandosi. Peccato che non fosse presente Novello con la sua impareggiabile matita!

Anche il “Tirano”, per quanto giunto autotrasportato per ultimo sul campo di battaglia, ha modo di partecipare sin dal giorno 17 novembre, ai duri combattimenti della zona dell’altra Val Kamenice q. 1828, nei quali si comporta non meno valorosamente degli altri due battaglioni del reggimento infliggendo perdite all’avversario e subendone pure esso in quantità notevole, ma restando del pari fermo come, il “Morbegno” e “L’Edolo”, sulle posizioni affidategli a difesa.

Il 17 il battaglione “Tirano ha l’ordine di tentare la conquista del M. i Kugg; la sua azione sarà contemporanea a quella del battaglione “Edolo£ che tenderà allo stesso obiettivo partendo da M. Lisec cioè dalla parte opposta; ma il nemico numeroso, imbaldanzito dai precedenti successi, si ammassa e contrattacca.

L’obiettivo tattico non viene raggiunto, ma i difensori non retrocedono di un passo dalle loro posizioni di partenza. Nei giorni successivi i tre battaglioni schierati su amplissima fronte e il gruppo artiglieria “Val d’Orco”, del 1° Artiglieria Alpina, in sostegno agli stessi, continuano strenuamente a combattere con sensibili perdite e infliggendone gravissime all’avversario.

Nelle azioni di Monte i Kugg cade eroicamente il tenente Oreste Brenna comandante la 46a compagnia del “Tirano”.

E così,fino al 21 novembre, il reggimento – al quale si è affiancato il 6° alpini giunto il giorno 19 con i battaglioni “Vestone” e “Verona” – persiste tenacemente nella fierissima lotta che continua senza tregua.

In questi fatti d’arme si distingue in particolar modo il sottotenente Sampietro del battaglione “Morbegno” al quale – caduto da eroe in combattimento – viene conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla memoria”.

Anche gli elementi del comando di reggimento danno il loro contributo in caduti e feriti.

Nella considerazione della inferiorità in uomini e materiali, in confronto al nemico, che dispone tra l’altro di un notevole numero di artiglierie e di mortai, i Comandi Superiori ordinano che nella notte del 22 novembre venga rotto il contatto con il nemico per occupare posizioni retrostanti. Il distacco dal nemico avviene di sorpresa dopo una successione di violenti attacchi e contrattacchi dall’una e dall’altra parte che causano reciproche e sanguinose perdite.

Nei giorni 22 e 23 il reggimento esegue ordinatamente il ripiegamento dalle posizioni del Corciano a quelle di sinistra del fiume Devoli (zona Protopape – M Cuka e Bofnjes – M. e mietes – Dushar). La marcia si compie sotto la pioggia in dure condizioni, ma il nemico, per evidente esaurimento, non è in grado di inseguire.

Dopo brevi soste in posizioni intermedie dovute a necessità tattiche, il pomeriggio del 23 novembre il 5° ha il battaglione “Edolo” schierato a M. e Mietes a Cuka e Bofnjes, il “Tirano” e il “Morbegno£dala sinistra dell’Edolo” al Devoli sui costoni di sinistra del torrente Mazarekes.

Nei giorni 24 e 25, mentre si perfezionano l’occupazione e l’organizzazione delle nuove posizioni, vengono eseguite numerose ricognizioni della nuova zona.

I battaglioni si prodigano infaticabilmente per rafforzare la difesa.

Il giorno 28 novembre sul torrente Mazarekes, fronteggiante le nuove posizioni del reggimento, il nemico riprende contatto con gli elementi avanzati del “Morbegno” che lo disperdono infliggendogli alcune perdite.

Nei giorni successivi nuovi elementi nemici affluiscono in corrispondenza della fronte del reggimento, ma i loro tentativi di avvicinamento sono di continuo frustrati dalla vigile osservazione e dalla pronta reazione dei reparti avanzati dei tre battaglioni, nonché dal preciso tiro delle batterie del “Val d’Orco”.

I primo giorni del dicembre 1940 il freddo è pungente e il termometro scende a 20 gradi sotto zero. Copiose nevicate raggiungono strati di 3-4 metri, tormente travolgenti rendono la vita durissima e di grande sacrificio, tanto che le condizioni atmosferiche sono talvolta più difficili da contrastare in confronto del nemico. Questi esercita sempre una notevole pressione, specialmente sulla destra dello schieramento, per aprirsi uno sbocco in Val Tomorreza, tentando di avvolgere il fianco del reggimento. I casi di congelamento sono numerosi; i rifornimenti difficili, la neve ed il fango limitano i movimenti di uomini e quadrupedi, ma la forza di volontà, il senso del dovere, l’abnegazione, il coraggio, la resistenza fisica superiore ad ogni previsione sanno vincere ogni causa avversa, sanno trionfare sugli elementi contrari. L’animo dei combattenti fa fronte ai disagi della montagna, lo spirito di adattamento è insuperabile.

Il giorno 5 dicembre, per esigenze derivanti dallo schieramento di altre unità laterali, avviene un ulteriore movimento su tutta la linea, contrastato invano dal nemico, il quale subisce alcune perdite.

Nel settore a sud di Devoli “l’Edolo” viene schierato da Varr i Lamit a M. Mietes – Cuka e Liqerit. Sulla sinistra si dispone il “Tirano”, e il “Morbegno” si rafforza da Gur i Prer al Devoli.

E’ questa una fronte ampia, dell’estensione di circa 17 Km., sulla quale i tre battaglioni del reggimento si dispongono a reparti organici, forzatamente però molto intervallati, costituendo caposaldi in corrispondenza delle provenienze nemiche più pericolose e mantenendo elementi in zona di sicurezza per azione logoratrice e ritardatrice dell’avversario, il quale nel frattempo aumenta gradatamente le sue forze e la conseguente sua pressione.

Sulla sinistra e sulla destra del 5° sono schierati due reggimenti di fanteria con i quali vengono mantenuti i collegamenti con nominativi convenzionali piuttosto arguti. Il reggimento sulla sinistra del 5°, comandato dal colonnello Pietro Tontillo, assume il nominativo di “Pietro il Grande”; il 5° al comando del colonnello Carlo Fassi, il nominativo di “Carlo V”   e quello sulla destra – 3° reggimento fanteria, comandato da colonnello Napoleone Scrugli – quello di “Napoleone III”.

Dopo una notte di assidui preparativi – sotto la pioggia e la neve – e dopo una breve ma violenta preparazione fatta dalle artiglierie dei gruppi “Bergamo” (giunto in zona da alcuni giorni) e “Val d’Orco”, il battaglione “Tirano” nella mattina del giorno 7, col concorso di reparti dell’Edolo e del “Morbegno”, attacca di sorpresa la località Dushar ove il nemico si è asserragliato e riesce a occupare il paese mettendo in fuga l’avversario oltre il torrente Dusharit.

Giorno 8 dicembre. Per tutta la notte infierisce il maltempo con vento fortissimo, pioggia e tormenta; ciò che arreca gravi sofferenze agli alpini e in particolare a quelli “dellEdolo” dislocato sui duemila metri di altitudine. I casi di congelamento sono parecchi.

Nelle giornate 9 e 10 dicembre il tempo continua ad essere particolarmente avverso e si fanno sentire maggiormente i rigori invernali. Gli alpini non hanno che pochi ed insufficienti mezzi di riparo, costituiti da teli tenda e coperte fradice e indurite dal gelo che non possono essere asciugate data l’impossibilità di accendere fuochi all’aperto a causa della persistente bufera.

L’Edolo che ha già subito notevoli perdite in combattimento, è sempre più duramente provato dai numerosi casi di congelamento.

Nel pomeriggio del 10 dicembre il nemico attacca con forze superiori il posto avanzato di estrema destra del Varr i Lamit sulla cui posizione riesce a mettere piede, mentre la 52a compagnie dell’Edolo (tenente Arrigo Pasini), rinforzata da due plotoni della 49a compagnia del “Tirano” attacca di sorpresa il nemico a Varr i Lamit sfruttando le avverse condizioni atmosferiche

Dopo breve mischia il nemico è vinto, volto in fuga ed inseguito per alcune centinaia di metri di dislivello. Fortunatamente le perdite nostre sono poche. Il nemico ha subito perdite in morti e feriti ed armi automatiche e materiali che vengono catturati dagli alpini. Dopo questa brillante azione che ridà al 5° il possesso di Varr i Lamit, il nemico non si fa più vivo da quel lato per due giorni.

Contemporaneamente, però nel pomeriggio dello stesso giorno 11 dicembre, il nemico attacca le posizioni del “Tirano£ che resiste e respinge gli attacchi cui infligge perdite, subendone a sua volta.

Il giorno 12 il “Tirano” effettua un contrattacco col concorso dell’Edolo a destra e del “Morbegno” a sinistra. L’Azione è notevolmente intralciata dal maltempo, ciononostante il “Tirano” riesce a fermare i gruppi attaccanti nemici sottoposti al tiro aggiustato delle nostre artiglierie e armi automatiche.

Il giorno 13 si combatte sulla fronte dei tre battaglioni. Il nemico è ancora contenuto e respinto con notevoli perdite.

Subisce però perdite anche il 5°, ed in particolare il “Tirano”.

Il nemico, frattanto, aumenta di continuo le sue forze in corrispondenza del settore affidato al reggimento.

Dette forze avversarie, allo scopo di sottrarle ai rigori del clima e portarle in azione nelle migliori condizioni di efficienza, vengono riparate durante la notte negli abitati della zona ed all’alba si avvicinano ai punti prescelti, per la continuazione degli attacchi.

Provvidenze del genere non sono attuabili per i nostri reparti sia per la mancanza di abitati nelle vicinanze delle posizioni, sia soprattutto per la situazione contingente.

Nella stessa giornata del 13, per effetto dell’imperversare del maltempo e del freddo intensissimo, il reggimento, e in particolare il battaglione “Edolo”, viene falcidiato da nuovi e più numerosi casi di congelamento.

“L’Edolo” è ridotto a poco più di cento uomini validi, mentre una compagnia della Guardia di Finanza, datagli in rinforzo, ha già perduto, nei due giorni di permanenza sull’alto, circa la metà dei suoi cento uomini per effetto dei combattimenti sostenuti e del notevole numero di congelati.

Nella giornata del 14 dicembre, il tempo sembra volersi mettere al bello. Il nemico ne approfitta per riprendere la sua attività. Nel pomeriggio – dopo alcune azioni di artiglieria contro le posizioni del “Tirano” - fa avanzare alcuni grossi pattuglioni con quadrupedi, nel tentativo di raggiungere a q. 1524 di Bregu i Skeges e il Passo Q. e Kumlles. Ma la 46° e la 48° compagnia del “Tirano” reagiscono prontamente con il fuoco e con movimento, volgendo l’avversario in fuga con notevoli perdite. Altro analogo tentativo nemico, in direzione di M. Cuka e Greves (posizione di destra del”Tirano”), è analogamente sventato da una ardita azione di elementi della 49° compagnia.

Favorito dalla nebbia, dalle pieghe del terreno e dal bosco, l’avversario – a sera – riesce ad avvicinarsi alla posizione di resistenza in corrispondenza della destra del “Tirano” e precisamente di fronte alla saldatura tra il “Tirano” e “l’Edolo”.

         
   
                         II 10                  II 9 
 
   
   

La notte sul 15 la tormenta continua a soffiare con intensità crescente. Freddo intenso e gelo.

La 49° compagnia del “Tirano” – sul fare del giorno – contrattacca gli elementi nemici che le si erano approssimati la sera precedente. Questi elementi risultano di forza superiore a quella presunta: segno evidente che all’alba avevano ricevuto altri rinforzi. Il nemico subisce gravi perdite; ma anche gli alpini ne subiscono.

L’avversario è contenuto e per tutta la mattinata non insiste più contro il tratto di fronte della 49° compagnia, la quale, approfittando della breve tregua, si dispone per la difesa ad oltranza del Cuka e Greves (spalla sud del Passo di Gur i Prer). Intanto l”Edolo” ha sentore dell’approssimarsi del nemico che risale da Dushar per itinerari diversi sfruttando a copertura offerta dal bosco fitto e dalla nebbia. L’avversario è favorito dal fatto che sul versante di Dushar, dal quale esso proviene, è meno colpito dalla bufera che si accanisce invece contro le elevate posizioni tenute dall’Edolo. Il comandante del reggimento, valendosi delle batterie a sua disposizione, fa eseguire numerosi e frequenti tiri sulle probabili provenienze del nemico il quale, sicuramente, ne ha subìto gli effetti micidiali. Verso le ore 11 del giorno 15 dicembre il nemico è avvistato dagli elementi di osservazione dell’”Edolo”, mentre avanza da più direzioni contro la q. 1822, dov’è stabilito il comando di battaglione. Il comandante di battaglione – tenente colonnello Adolfo Rivoir – eseguisce coscienziosamente ed eroicamente l’ordine ricevuto dal comandante di reggimento, di fare massa con tutti i disponibili sulla q. 1822 e di attuarvi l’estrema resistenza. Durante il cruento combattimento, protrattosi fin verso le ore 17, cadono sul posto, valorosamente, sei ufficiali (morti, feriti e dispersi), e un notevole numero di alpini. Gli alpini resistono fino all’estremo delle loro forze, animati da ardore e da spirito aggressivo, sull’esempio del loro comandante di battaglione, tenente colonnello Rivoir, il quale rimane ferito gravemente al petto e che successivamente, per il suo eroico comportamento, verrà decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Ferito e disperso un comandante di compagnia: il tenente Mangialaio Ulrico. Anche il nemico subisce gravi perdite e, fermato dal sacrificio dell’Edolo, non osa incalzare i pochi gruppi di alpini che, al comando di qualche ufficiale superstite, si ricompongono sulla dorsale continuando a far fuoco. L’avversario sosta e si ammassa sulla raggiunta q. 1822, ma durante una breve schiarita – prontamente avvistato e centrato dalla non lontana 31a batteria del gruppo “Bergamo” viene efficacemente battuto, messo in fuga e disperso. In seguito a questa valorosissima e impari lotta l’eroico battaglione “Edolo” cessa di esistere come unità organica. I pochi superstiti – quattro ufficiali, il medico, il cappellano e una cinquantina di alpini – raggiungono, in serata, la 31a batteria del gruppo “Bergamo” sulle pendici occidentali del Cuka e Greves e si dispongono a difesa a fianco degli artiglieri alpini. Il 15 dicembre 1940 è una giornata particolarmente gloriosa per il 5°, ma altrettanto dolorosa per le gravi perdite riportate nei duri e incessanti combattimenti. Tali perdite riducono sempre più notevolmente l’efficacia numerica dei reparti, ma non ne intaccano l’alto spirito guerriero. Il bollettino di Guerra n. 190 del 14 dicembre 1940 riporta: “…Sul fronte greco attacchi nemici sferrati in diversi settori sono stati decisamente stroncati dalle nostre truppe che hanno vigorosamente contrattaccato. Specialmente nel settore di Osum il nemico ha subito perdite sensibili. Nei combattimenti di questi giorni si è particolarmente distinta la Divisione Alpina “Tridentina”. Nel periodo dall’1 al 15 dicembre, nel corso delle azioni che si svolgono giorno per giorno, le batterie del “Val d’Orco” danno il loro concorso sempre pronto ed efficace. Gli artiglieri, come gli alpini, dei quali condividono tutte le difficoltà e le durezze del combattimento, sopportano serenamente le gravi fatiche e privazioni e subiscono anch’essi perdite. Il giorno 16 dicembre, in seguito ad ordini superiori che tengono conto della notevole riduzione di forza, il 5° alpini non premuto dell’avversario, anch’esso molto provato, si schiera sulla posizione più arretrata di Cuka e Giate – Tomorreza. Posizione che offre il vantaggio di una difesa più forte per terreno e più economica data la sua minore estensione frontale oltre a una meno precaria possibilità di rifornimento. Durante l’intera giornata la gelida temperatura ed una tormenta di violenza inaudita rendono le operazioni per la sistemazione del nuovo schieramento eccezionalmente dure, penose e laboriose. Numerosi i casi di congelamento tra gli ufficiali e gli alpini. A tarda sera del 16 il battaglione “Morbegno”, avvolto in furiosa bufera sulle elevate posizioni del Cuka e Giate, è costretto a discendere a causa delle gravissime perdite di uomini. Infatti nella sola notte sul 17 nel battaglione si riscontrano 330 casi di congelamento su una forza di circa 550 uomini. Durante la notte e per tutta la giornata del 17 il freddo intenso e la tormenta continuano ininterrottamente causando nuove perdite in uomini per congelamento e assideramento. Nella notte sul 18 la violenta bufera di vento e neve non ha tregua; solo nella mattinata successiva accenna a mitigarsi. La giornata del 19 permane fredda, ma le condizioni atmosferiche sono notevolmente migliorate. Nei giorni 18 e 19 e nella notte del 20 dicembre i Battaglioni “Mondovì” e “Pieve di Teco” del 1° alpini – arrivati pienamente efficienti dalla Madre Patria e messi alle dipendenze del colonnello Fassi – danno il cambio agli stremati battaglioni “Tirano” e “Morbegno” i quali non vengono tuttavia ritirati dal settore, ma vi rimangono in secondo scaglione riordinandosi temporaneamente su reparti di formazione e utilizzando tutti gli uomini ancora efficienti. L’”Edolo”, ridotto ad un pugno di uomini, viene inviato più a tergo per qualche giorno perché possa ridare vita ai suoi reparti con gli uomini ricuperati dagli ospedali, in attesa dell’arrivo dei complementi. Anche il gruppo “Val d’Orco” viene ritirato temporaneamente dalla prima linea in quanto molto menomato specie per le gravi perdite subite tra i quadrupedi per effetto dei rigori del clima. Sulle posizioni di secondo scaglione ad essi affidate, i battaglioni “Morbegno” e “Tirano” eseguono, senza concedersi riposo, efficaci apprestamenti difensivi orientati sempre alla ripresa del combattimento in concorso con i due battaglioni del 1° alpini. Organizzano pure un complesso di pattuglie di sicurezza e di protezione che, allargando sempre più il loro raggio d’azione, costituiscono al di là delle linee, piccoli presidi volanti che tengono il nemico sotto il loro controllo, così che i suoi sforzi per avvicinarsi sono vani. Nelle giornate del 29 e 30 dicembre “Morbegno” e “Tirano” sono nuovamente in azione sull’alta innevata dorsale del Bregu i Math – Maja e Korbjet. Durante la notte e la giornata del 30 il “Tirano” affronta le posizioni di Maja e Korbjet, la cui quota 1726 è stata occupata dal nemico, allo scopo di ristabilire la primitiva situazione e proteggere il fianco e il tergo del battaglione “Pieve di Teco” che da più giorni combatte aspramente. La quota è presa e perduta due volte in una lotta dura anche per le condizioni climatiche proibitive, ma la situazione viene pressoché ripristinata e il nemico, dopo questo ultimo fatto d’arme nel quale subisce rilevanti perdite accertate, deve desistere da ogni ulteriore tentativo di avvicinamento. Il giorno 30 anche il rimanente battaglione del 1° alpini, cioè il “Ceva” (su due compagnie), viene messo a disposizione del colonnello Fassi, che lo avvia ad occupare il M. Bregu i Math sull’alto della displuviale ed in posizione d’arresto, a tergo del “Tirano”. La notte del 31 dicembre, sempre per economia di forze e per consolidare una linea di sbarramento e di arresto in Val Tomorreza, la fronte del settore 5 alpini viene sistemata dal M. Bregu i Math a Sqimari e a M. Bechenik, coi battaglioni schierati in questo ordine a iniziare da Bregu i Math: “Ceva”, “Pieve di Teco”, “Morbegno”, “Tirano”, “Edolo”. Il “Mondovì” è in riserva. Su queste posizioni, cristallizzate dalla difesa del 5° col concorso dei reparti fratelli, del 1°, si è veramente inchiodato il nemico e da esse inizierà la riscossa finale. Il 31 dicembre il maggiore Giuseppe Rossi assume il comando del battaglione “Edolo”. Lo stesso giorno giungono, dal Deposito del 5°, 20 ufficiali e 650 uomini, quali complementi, e vengono assegnati ai tre battaglioni. In un mese e mezzo, soltanto, di lotta accanita e sanguinosa contro un nemico molto superiore di numero e per armamento, soggetto a condizioni atmosferiche avverse che gli causarono gravi sofferenze e privazioni, il 5° alpini ha dato un generoso contributo alla campagna: 1300 uomini tra morti, dispersi, feriti e congelati (senza contare gli ammalati gravi), con un’alta percentuale di ufficiali. Il reggimento ha perso oltre il 60% della sua forza, ma il nemico, ancorché rinnovando le sue truppe – e pur a costo di ingenti perdite – ha tentato invano di travolgere i suoi intrepidi battaglioni, pura espressione della forte e generosa terra di Lombardia. Numerosi sono stati gli atti di indomito e strenuo valore sia individuali di ufficiali, sottufficiali, graduati ed alpini, sia collettivi.

         
   
                                 II12                                II11

  Distribuzione del rancio                                                                                Posto di osservazione

   
   

 

****** 1° GENNAIO – 20 FEBBRAIO 1941 ******

Dopo questo intenso periodo operativo , che merita al Reggimento le più ampie lodi dei Comandi superiori per il suo valoroso comportamento, i greci, molto provati dai precedenti sforzi, salvo i normali movimenti di pattuglia e tiri di artiglieria, dimostrano scarsa attività che si estende a tutta la prima decade di febbraio. In tale situazione il settore di sinistra Devoli, già tenuto dal 5° alpini, sui primi di gennaio 1941 viene assunto dalla Divisione “Cuneense” presso la quale permangono temporaneamente i battaglioni “Edolo” e “Morbegno”, i quali rientreranno poi al 5° soltanto in febbraio. La Divisione “Tridentina” si raggruppa sulla destra Devoli dove ha già il 6° alpini, e ripartisce la propria fronte in due settori: quello che assegnerà al 5° al comando del colonnello Fassi (e che costituiva settore d’ala del XXVI Corpo d’Armata, nel tratto più sensibile della fronte divisionale) dal M. Guri i Topit – per il M. Pupatit – al M. Shkalles; e quello del 6° alpini, già in sito con i battaglioni “Vestone” e “Verona”, e che dal M. Komjanit si estenderà attraverso la forra del Devoli sino al M. Bregu i Math (monte tenuto dalla Divisione “Cuneense”). Sulla fronte della “Cuneense” un’azione degna di menzione è quella di carattere eminentemente offensivo compiuta il 24 gennaio da un reparto del “Morbegno” comandato dal capitano Auguadri il quale riesce, con un audace colpo di mano, a raggiungere la q. 926 in Val Tomorreza sorprendendo il nemico e catturando armi e prigionieri. Il 10 gennaio 1941 il colonnello Fassi, con il comando del 5° ed il solo battaglione “Tirano”, rientra alla propria divisione “Tridentina” e, conformemente agli ordini ricevuti, assume il giorno 22 la responsabilità del nuovo settore assegnatogli dal M. Guri i Topit al M. Shkalles; ha alla propria dipendenza i battaglioni “Val Leogra” già in posto e “Tirano” testé giunto e che sollecitamente si sistema in prima linea sull’innevato tratto di fronte M. Pupatit – M. Shkalles. Pochi giorni sono trascorsi, in massima con tempo contrario, e già il “Tirano” riscuote ambiti encomi dai superiori Comandi di Divisione e di Corpo d’Armata per la brillante riuscita d’un colpo di mano notturno compiuto dal suo reparto arditi contro l’occupazione nemica di q. 1429 di fronte al M. Shkalles, sulla quale l’avversario è pienamente sorpreso, subisce diverse perdite e lascia in mano agli arditi del “Tirano” armi e prigionieri. Sul nuovo settore del 5° alpini, dove si presumeva di beneficiare d’una temporanea relativa tranquillità, si riaccende tosto il combattimento. La lotta, tenace, dura, sanguinosa tanto quanto quella recentemente sostenuta dal reggimento sul precedente settore, durerà anch’essa a lungo e sovente con l’aggravio delle più avverse condizioni meteorologiche. Il mattino del 10 febbraio il nemico – valutato della forza di un battaglione circa e proveniente dal bosco ad est del Passo di GryKa e Vorrit te Plakes – tenta di impadronirsi di sorpresa del Guri i Topit senza però riuscire nell’intento perché su tale posizione già si era dislocato fin dall’alba il plotone sciatori del “Val Leogra”, conformemente agli ordini dati dal comandante del 5° alpini. Inoltre il comandante del 5°, verso le ore 14 della stessa giornata, fa affluire il plotone sciatori “Tirano” mettendolo a disposizione del comandante il battaglione “Val Leogra” a rinforzo del proprio plotone sciatori già dislocato sul Guri i Topit. Gli alpini del plotone sciatori si spostano rapidamente ed a gruppi dall’una all’altra delle quote del Guri i Topit (q. 2120,2107,2110,2109), per agire attivamente col fuoco di armi automatiche contro il nemico sottostante, che dal versante sud-orientale del Monte, tenta ancora, ma inutilmente, di raggiungere l’alto della dorsale del Guri i Topit. Il fuoco delle opposte armi automatiche continua molto intenso e perdura anche nel pomeriggio. Il giorno dopo – 11 febbraio – il nemico, verso le ore 11:30, previa breve, ma intensa preparazione di fuoco di artiglieria e mortai – fuoco dapprima diretto contro il nostro posto avanzato di q. 2109 e successivamente allungato sulla 2110 e poi più a nord ancora – inizia il suo attacco in forze contro il Guri i Topit per due direttrici: l’una Passo di Gryka – quota 2109, l’altra q. 2058 – q. 2110. Le mitragliatrici ed i fucili mitragliatori dei difensori del Guri i Topit, benché centrati dal violento tiro nemico, eseguono fuoco attivissimo contro il nemico avanzante.

Verso le 11:45 i primi gruppi avversari si affacciano sulla q.2109 dopo che il fuoco d’artiglieria aveva già inflitto numerose perdite al nostro posto avanzato colpendone in pieno le postazioni, scavate nella neve durante la notte. Vengono però centrati dal tiro dei mortai da 81 del “Morbegno” e costretti a sostare e così pure gli elementi che avanzano dall’opposto versante orientale del Guri i Topit. Intanto l’artiglieria nemica concentra i suoi tiri sulla q. 2110 presidiata dalla 261a compagnia del “Val Leogra”. Dopo violente fasi offensive del nemico alle quali si oppone l’accanita difesa degli alpini, verso le 13:30 il combattimento ha una breve sosta e frattanto una sezione della 52a batteria del “Val d’Orco” prende posizione a q.1289 del Kosori i Vogel e apre il fuoco su q. 2109. Dalle ore 14 in poi il combattimento prosegue intenso per tutto il pomeriggio. I nostri alpini oppongono strenua resistenza, ma la dorsale del Guri i Topit non offre spazio sufficiente per intervallare notevolmente i reparti che, quasi allo scoperto, sono sempre battuti intensamente dal fuoco avversario d’artiglieria e mortai. Il nemico, dalle due direzioni convergenti su q. 2110, esegue, evidentemente per impossessarsi dell’obiettivo, uno sforzo poderoso ed ininterrotto, nonostante le perdite che anch’esso subisce. A sera l’avversario è riuscito a raggiungere la q. 2110 a stretto contatto con i nostri, i quali persistono con tenacia nella difesa ma hanno già subito perdite gravi in uomini messi fuori combattimento ed in armi rese inefficienti perché colpite o rimaste prive di serventi. Col cadere della sera l’attacco nemico subisce una lunga sosta, della quale i nostri approfittano preparandosi alla continuazione della lotta per alimentare la quale il comandante il comandante del “Val Leogra” fa avanzare e dispone sul Guri i Topit anche la 260a compagnia. Considerata la violenza dell’azione nemica e visto che essa sembra diretta esclusivamente all’attacco frontale del Guri i Topit, il comandante del 5° mette a disposizione del comandante del “Val Leogra” anche la 48a compagnia del “Tirano” perché venga disposta a sostegno e fiancheggiamento delle altre due dislocate a difesa sull’alto della dorsale. Il 12 febbraio, verso l’una di notte, l’avversario pronuncia un nuovo violento attacco sul Guri i Topit appoggiandolo con intensi tiri d’artiglieria e mortai che battono tutto il tratto di dorsale dalla q. 2110 alla q. 2120 ed il rovescio settentrionale di quest’ultima. Il fuoco nemico causa gravi perdite ai reparti tutti del “Val Leogra”, la cui reazione è tuttavia sempre tenace, mentre i mortai e la sezione della 52a batteria “Val d’Orco” eseguono ripetuti concentramenti sulla base di partenza nemica tra q. 2110 e q.2109, e sulle provenienze del Passo di Gryka. Il combattimento si protrae a lungo, con ondeggiamenti sulla q. 2110 che, in definitiva, resta in mano all’avversario, ma esso non riesce però a progredire dalla detta q. 2110, verso quella più elevata del Guri i Topit (q. 2120), che il “Val Leogra” e i resti dei due plotoni sciatori “Val Leogra” e “Tirano” difendono ad oltranza. Nel corso della giornata, tra le ore 9 e 10, poi sul mezzogiorno e ancora verso le ore 18, l’avversario ripete i suoi tentativi di attacco alla q. 2120, sempre preceduti ed appoggiati da violenti concentramenti di artiglieria e mortai, ma , inchiodato sulle posizioni di q. 2110 dalla nostra del pari violenta reazione di fuoco, vede fallire tutti i suoi sforzi che gli sono certamente costati perdite gravissime in ufficiali e truppa, come viene poi confermato dalle deposizioni dei prigionieri. I reparti del “Val Leogra” sono anch’essi duramente provati; fra le altre perdite lo stesso comandante di battaglione maggiore Tirone e due comandanti di compagnia sono feriti. Il 12 febbraio è stato certamente il giorno più ricco di eventi dell’azione del Guri i Topit, ma è stato altresì quello decisivo, poiché in questo terzo giorno di combattimenti la nostra difesa è riuscita a stroncare definitivamente l’attacco avversario. Mentre sulla q. 2120 del Guri i Topit i decimati reparti del “Val Leogra” si rafforzano, la 48^ compagnia del “Tirano” si dispone alla loro sinistra in occupazione della sella di q. 2062 ed anch’essa inizia rapidamente gli apprestamenti a difesa. Nello stesso giorno anche la rimanente sezione della 52^ batteria “Val d’Orco” raggiunge le elevate posizioni del Settore e si porta in primo scaglione avanzato inquadrando rapidamente il proprio tiro con l’altra sezione della batteria. Dopo una notte tranquilla, il giorno 13, il nemico non effettua alcun altro attacco contro la nostra occupazione del Guri i Topit limitando la sua attività ad azioni di fuoco d’artiglieria, alle quali reagiscono nutriti tiri di mortai e della 52a batteria. Le condizioni atmosferiche, mantenutesi abbastanza buone fino al pomeriggio del giorno 13, il giorno 14 cambiano e volgono al tempo contrario, che peggiora di continuo con vento, tormenta e freddo intenso. Il “Val Leogra” lamenta diversi casi di congelamento. Azioni dell’artiglieria avversaria contro la nostra occupazione del Guri i Topit causano altre perdite a detto battaglione. Due nostri forti concentramenti di fuoco di mortai ed artiglieria, sulla posizione nemica di q. 2110, conseguono il risultato di far cessare ogni ulteriore tiro avversario di disturbo. Il giorno successivo – 15 febbraio – ancora tempo avverso con nebbia tormenta e freddo. Avviene soltanto qualche scambio di raffiche di mitragliatrici. Il comando della Divisione assegna temporaneamente al 5° il battaglione “Vestone”. Sul Guri i Topit favorito dalla nebbia, ma gravemente avversato dalla tormenta. Il giorno 16, approfittando della giornata di tempo migliore e della buona visibilità, i plotoni mortai da 81 dei tre battaglioni “Moregno”, “Vestone” e “Val Leogra” e la 51^ batteria “Val D’Orco” effettuano accurati

 

         
                                               II 14                      II 13
       
   

 

aggiustamenti di tiro sull’occupazione nemica di q. 2110 e sul versante orientale del Guri i Topit. L’avversario, non dà particolari segni di attività durante il giorno, però, calata la sera, sferra improvvisamente, verso le ore 20, un violento attacco contro le nostre postazioni di q. 2120; attacco, che, non riuscito, esso rinnova verso le ore 22. Ambedue le azioni suddette non sorprendono la nostra vigile difesa e sono stroncate con perdite certe per il nemico. Nei giorni 17, 18 e 19 l’avversario non dà segni di vita e non reagisce alle azioni di fuoco d’artiglieria e mortai che vengono effettuate contro la sua posizione di q. 2120 e sul rovescio della stessa. Il tempo, che nei giorni 18 e 19 era stato caratterizzato da tormenta nevischio e vento, migliora nella notte sul 20 e la giornata si preannuncia buona con sufficiente visibilità anche sul Guri i Topit non più avvolto dalla nebbia. Di buon mattino l'avversario inizia tiri contro le nostre posizioni di q. 2120 proseguendoli piuttosto lentamente per tutta la mattinata e nelle ore pomeridiane. Dà la sensazione di preparare un nuovo attacco anche per il fatto di aver spinto verso la nostra posizione, verso le ore 9, una pattuglia che viene respinta con forti perdite. Mentre viene intensificata la vigilanza, mortai e artiglieria concentrano a più riprese il loro fuoco sulle posizioni nemiche del Guri i Topit e del Passo di Gryka. Verso le ore 16:30 l’avversario tenta infatti un nuovo attacco e suoi elementi si approssimano sino ai reticolati (file di gabbioni), che, lavorando per più giorni con tutta l’attività consentita dalla disponibilità di materiali e nonostante le avverse condizioni meteorologiche, è stato tuttavia possibile collocare sul davanti della nostra posizione. Ma la giornata è particolarmente onerosa per il tributo di sangue dato dalla 54^ compagnia del “Vestone” che subisce una ventina di perdite tra morti e feriti. Cadono due ufficiali, uno dei quali è il comandante di compagnia, e altri due sono feriti. Con quest’ultima azione nuovamente fallita, si conclude l’attività offensiva del nemico sul Guri i Topit. Dal 10 febbraio i nostri reparti, che hanno occupato e difeso il Guri i Topit, hanno fatto olocausto di molto sangue generoso, ma sono riusciti ad impedire che l’avversario si impossessasse dell’importantissima posizione. E il 27° reggimento fanteria greco, rinforzato da reparti d’assalto, che si accanì nell’impresa senza peraltro raggiungere lo scopo, deve essere ritirato dalla linea e avviato nelle retrovie per ricostituirsi a causa delle gravi perdite subite. Quanto sopra viene confermato dalle dichiarazioni dei prigionieri catturati successivamente sullo stesso monte Guri i Topit.

****** 21 FEBBRAIO – 9 MARZO 1941 ******

Malgrado il tempo quasi costantemente avverso, il comandante del 5°, nella seconda e terza decade di febbraio, ha modo di accertare un’ampia soluzione di continuità nel dispositivo nemico il quale non ha alcun elemento fisso di vigilanza e osservazione nella zona di terreno che da Passo Gryka e Vorrit te Plakes (q. 1996), scende a sud-ovest del Guri i Topit fino all’altura di Fieri i Thate (q. 1743), punto nel quale il comando nemico della zona di Grabova B. ha collocato, dopo l’azione del Guri i Topit, i suoi elementi di estrema destra. Fra il Passo di Gryka e il Fieri i Tathe vengono notati saltuariamente movimenti di piccoli gruppi avversari, alcuni dei quali in tenuta bianca e dotati di sci. Ai primi di marzo, essendo migliorate le condizioni atmosferiche, le nostre pattuglie di ricognizione oltre le linee si spingono più avanti del solito per accertare se, eventualmente, l’avversario provvede a collocare, di notte, qualche suo elemento sulle quote antistanti alla nostra occupazione. Nella notte del 5 marzo il capitano di complemento Adriano Auguardri, comandante la 44a del “Morbegno”, ufficiale ardimentoso e nello stesso tempo sagace, avveduto e prudente – come lo definisce il colonnello Fassi – si reca personalmente in ricognizione tra il M. Papallazit e il Passo di Gryka percorrendo le pendici basse del Guri i Topit. Raggiunta la q. 1806 – punto più avanzato fissatogli e non rilevando alcun segno del nemico, con felice iniziativa si spinge arditamente fio alla q. 2109, sul rovescio cioè della posizione nemica di q. 2110, riportando preziose informazioni sul nemico e accertando che il Passo di Gryka non è occupato e non viene vigilato neppure di notte. In relazione a queste informazioni il comandante del 5° alpini decide di far attuare un colpo di mano contro la q. 2110 del Guri i Topit allo scopo di infliggere perdite al nemico e catturare prigionieri e armi. L’azione, ha luogo nella notte dall’8 al 9 marzo ed è affidata allo stesso capitano Auguardri il quale ha sua disposizione tre plotoni tra cui il reparto arditi del battaglione, tutti con la tuta bianca da sciatore (in totale 6 ufficiali, 4 sottufficiali, 110 alpini). Alle 21, con una notte di luna e visibilità ottima, il capitano Auguadri inizia il movimento e – per q. 1806, q. 1868 e q. 2109 – si porta a q. 2110 attuando in pieno la sorpresa. La risolutezza e la decisione degli alpini hanno il sopravvento sul presidio nemico del Guri i Topit che viene annientato e subisce una trentina di perdite tra morti e feriti. Gli alpini rientrano nelle linee con 12 prigionieri tra i quali due sottufficiali, 8 mitragliatrici e fucili mitragliatori, 15 fucili e altro materiale bellico. Nessun morto o disperso da parte nostra; solamente dieci feriti per la maggior parte leggeri. Il colpo di mano viene attuato in modo tale che non occorre l’intervento degli arditi dell’”Edolo”, pronti a dare il loro concorso, dalla nostra posizione di q. 2120, qualora fosse stato necessario. Le due batterie del “Val d’Orco” col loro intervento pronto ed efficace concorrono alla riuscita dell’azione. Messaggi di compiacimento e di plauso giungono al 5° da parte dei comandanti dalla 9a Armata, del XXVI Corpo d’Armata e della Divisione Alpina “Tridentina”. Il Bollettino di Guerra n. 26 del 10 marzo 1941 riporta: “…Nel settore della 9a Armata, in azioni di carattere locale abbiamo catturato prigionieri ed armi”.

 

         
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                                                                                                              Santa Messa al     Campo   
   

 

****** 10 MARZO – 4 APRILE 1941 ******

Nei rimanenti giorni del mese di marzo nulla di notevole da segnalare se non le consuete azioni di pattuglia e qualche scambio di colpi dalle due parti avverse. Assume il comando del battaglione “Edolo” il maggiore Alessandro Ambrosiani. Nel mese di marzo il 25° reparto salmerie del 5°, al comando del capitano Ugo Massirono, raggiunge il reggimento e da quel momento ne segue le sorti. Il reparto salmerie giunto a Brindisi il 10 novembre 1940, viene trasportato in Albania a scaglioni, unitamente alle salmerie dei battaglioni e, prima di ricongiungersi al reggimento, viene impiegato a favore di altri reparti. Nei giorni 1, 2 e 3 aprile vengono notati nella zona del Guri i Topit notevoli movimenti di colonne di uomini e di salmerie nemici. In previsione di un eventuale attacco avversario, da parte nostra viene svolta una intensa vigilanza mentre vengono rafforzate le sistemazioni difensive. Il giorno 3 aprile, verso le ore 16, il nemico inizia tiri di artiglieria contro le nostre posizioni di q. 2120; tiri che si protraggono per tutto il restante pomeriggio con evidente carattere di aggiustamento causando pochi feriti e scarsi danni ai nostri apprestamenti difensivi. Il comandante del 5° fa rispondere ai tiri avversari con violenti concentramenti d’artiglieria e mortai sulle posizioni del Guri i Topit, di Passo di Gryka e di Vorrit te Plakes. Nella notte l’avversario non effettua altre azioni di fuoco mentre i nostri vigilano in attesa del combattimento che la situazione creatasi fa presagire imminente. All’alba del 4 aprile, verso le ore 6, il nemico inizia un violento tiro d’artiglieria e mortai contro le nostre posizioni del Guri i Topit concentrandolo in particolar modo sulla 44a del “Morbegno”, che è a difesa della posizione di q. 2120, e mantenendo sotto il fuoco la 47a compagnia del “Morbegno”, che è a difesa della posizione di q. 2120, e mantenendo sotto il suo fuoco la 47a compagnia che occupa la q. 2042 e la selletta tra questa e q. 2120. Il nostro posto avanzato a sud della q. 2120 e il tratto di dorsale fino alla quota sono avvolti da una violentissima e lunga serie di esplosioni che dura oltre mezz’ora dopo di che l’avversario concentra i suoi tiri sulla limitata striscia di terreno della q. 2120 dove trovasi la parte più consistente della 44a compagnia. Contemporaneamente all’inizio dei tiri nemici, il comandante del 5° fa aprire il fuoco dalle nostre batterie e dai plotoni mortai da 81 contro la posizione avversaria di q. 2110 e sul rovescio di essa con una violenza pari a quella del nemico. Tutto il terreno che l’avversario deve percorrere da sud a nord per portarsi a contatto della nostra posizione di q. 2120 è battuto palmo a palmo da ininterrotti e violenti concentramenti di artiglieria e mortai. Intervallato da brevi soste il tiro avversario dura fin verso le ore 9 accanendosi sempre maggiormente contro la posizione tenuta dalla 44a compagnia. Questa sta eroicamente ferma al suo posto di combattimento, sulla ristretta striscia della dorsale di q. 2120, nonostante che le sue perdite siano ingenti, i suoi apprestamenti difensivi sconvolti e le sue armi pressoché totalmente distrutte. Alle 9 la valorosa 44a del “Morbegno” è quasi totalmente annientata. Con la maggior parte dei suoi eroici alpini sono caduti, il suo comandante capitano AdrianoAuguadri (Medaglia d’Oro al Valor Militare), il tenente Ferruccio Battisti (Medaglia d’Oro al Valor Militare), il tenente Ercole Fezzi e il sottotenente Italo Barelli, mentre altri due ufficiali sono rimasti feriti. Alle 9:30 la q. 2120 è persa da parte nostra e poco dopo vengono avvistati alcuni elementi nemici che tentano di piazzare qualche arma automatica per battere dall’alto e d’infilata i rovesci della q. 2062, evidentemente allo scopo di farla cadere per aggiramento. Altri elementi da q. 2058 procedono verso le posizioni della 47a compagnia che – nonostante il violento tiro d’artiglieria al quale è sottoposta – si difende strenuamente. Il fuoco delle nostre artiglierie e mortai – diretto sulle posizioni e le direttrici di avanzata nemiche – investe anche la q. 2120 e si protrae fin verso mezzogiorno, mentre i tiri nemici diminuiscono d’intensità fino a cessare quasi completamente. Intanto, fin dalle ore 7:30, la 45a compagnia, che era di rincalzo e aveva raggiunto le prime linee, viene impiegata per l’occupazione delle selletta fra q. 2062 e q. 2120 minacciata dall’avversario. Ad evitare l’aggiramento nemico sulla sinistra del “Morbegno” il comandante del 5° mette a disposizione del comandante di detto battaglione il plotone arditi dell’”Edolo”, due plotoni della 50a compagnia e uno della 52a. Per effetto dei tiri dell’artiglieria avversaria, sulle adiacenze e sul tergo delle nostre posizioni, l’”Edolo” subisce gravi perdite particolarmente tra gli ufficiali. Viene ferito gravemente il tenente Arrigo Pasini comandante della 52a dell’”Edolo”. Il capitano Dante Belotti, comandante del “Morbegno”, è anch’egli ferito, ma rimane al suo posto guidando al combattimento le sue compagnie e i reparti avuti in rinforzo. Nelle prime ore pomeridiane nostri aerei da combattimento intervengono contro le posizioni avversarie e il comandante del 5° predispone un atto controffensivo. Dopo una breve preparazione di artiglieria e di mortai, verso le ore 16, il plotone arditi dell’”Edolo” e un plotone della 50a iniziano il movimento verso q. 2120 dal versante nord-occidentale del Guri i Topit lungo la dorsale. Gli elementi avversari di q. 2120, al riparo dal nostro tiro di artiglieria nelle buche scavate dalle granate e nelle trincee costruite dagli alpini, vengono colti di sorpresa dagli arditi dell’Edolo che con lancio di bombe a mano causano loro numerose perdite. Arditi ed alpini della 50a si spingono fino al posto avanzato della q. 2120 già tenuto dai nostri continuando ad inseguire, con lancio di bombe a mano, il nemico in fuga. L’avversario, nonostante le perdite subite nel corso della giornata, dispone di altri reparti addossati fuori dalla vista, sul versante orientale della q. 2107. Questi reparti passano immediatamente al contrattacco dei nostri due plotoni che reagiscono accanitamente, ma sopraffatti dal numero e dal fuoco avversario ripiegano sulle posizioni di partenza riportando tutte le loro armi e un fucile mitragliatore catturato al nemico. Nell’azione, oltre a vari alpini rimangono feriti i due comandanti di plotone e due sottufficiali arditi. La brillante azione dei due plotoni dell’”Edolo” pur conseguendo un risultato soltanto temporaneo, vale ad affermare sull’avversario la volontà combattiva dei nostri alpini tanto da indurlo a desistere da altri tentativi offensivi per il resto della giornata. Da parte nostra vengono effettuati, fino a tarda sera, ripetuti concentramenti di fuoco contro le posizioni nemiche della dorsale del Guri i Topit e sulle provenienze a tergo delle stesse. Per ordine del comandante dl 5°, il tenente colonnello Edgardo Remotti assume il comando del “Morbegno” in sostituzione del capitano Belotti ferito. La durissima giornata di combattimento si chiude verso le ore 20 dopo quattordici ore di ripetute violente azioni. Questa giornata se è costata al nemico perdite molto rilevanti, ha creato nelle file dei valorosi alpini del 5° vuoti dolorosi. Centonovantaquattro uomini fuori combattimento tra morti, feriti e dispersi, questi ultimi da considerarsi tutti o in gran parte deceduti. Nel totale delle perdite sono compresi venti ufficiali, dei quali sette morti e tredici feriti. Il comandante del XXVI Corpo d’Armata invia un messaggio di encomio al 5° per la strenua difesa opposta dai suoi alpini a q. 2120 del Guri i Topit. Il comandante della “Tridentina” fa pervenire il seguente messaggio: <<Il 5° Alpini ha difeso con l’usato ed eroico valore la q. 2120 di Guri i Topit Alt. Saluto con orgoglio di alpino e comandante degli alpini del 5° e gli artiglieri del gruppo “Val d’Orco” Alt Guri i Topit sia nei cuori e nella volontà di tutti il primo obiettivo da riconquistare Alt. Generale Santovito>>.

 

         
   
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****** 5 – 23 APRILE 1941 ******

Ma gli eventi successivi invertono le parti a breve scadenza. Dal 5 al 12 aprile i reparti effettuano lavori per consolidare le posizioni raggiunte. Azioni di artiglieria nemica, alle quali si contrappongono le nostre, provocano lievi perdite alle quali si aggiungono quelle per congelamento. Domenica 13 aprile 1941 – giorno di Pasqua – vengono notati movimenti insoliti nelle linee nemiche. Nostre pattuglie del “Morbegno”, del “Tirano” e dell’”Edolo” raggiungono q. 2120 del Guri i Topit, Fieri i Thate e il Passo di Gryka senza incontrare alcuna resistenza e trovano tende e materiali abbandonati, dai quali possono arguire che il nemico ha abbandonato affrettatamente le posizioni. Le stesse posizioni vengono occupate da nostri reparti. Il comando della “Tridentina” emana gli ordini per l’inseguimento del nemico. Il 5° parte alle prime luci del 14 aprile con l’Edolo in avanguardia e, dopo 12 ore di marcia faticosissima, raggiunge la zona di Velcan Gora-Mocani. Il giorno dopo per Kramahta, fondovalle Devoli raggiunge la zona di Maliqi accampandosi sulla destra del Devoli e il 16 si porta a Gjance. Il giorno 17 il 5° si attesta in corrispondenza della rotabile Belovode – Vitjkuki e il movimento viene effettuato sotto il tiro dell’artiglieria nemica. Il 18 viene autotrasportato in zona Qinami Selenice in attesa di ordini, mentre il 6° Alpini insegue il nemico in fuga. Il Comando di Divisione, trasferitosi da Qinami e Bejkove fa affluire nella stessa località il “Tirano” quale eventuale rincalzo per la colonna del 6° Alpini, mentre i rimanenti reparti del 5° rimangono a disposizione del Comando del XXVI Corpo d’Armata. Il 22 aprile il “Tirano” entra in Leskoviku con il Comando della “Tridentina” mentre i rimanenti reparti del 5° raggiungono Ponte Perati al confine greco-albanese segnato dalla Vojussa, “Dalle ore 18 del 23 aprile ha inizio l’armistizio con l’esercito greco e da tale ora è vietato qualsiasi movimento oltre la linea raggiunta e qualsiasi azione di fuoco comunque offensiva. Si conclude così la campagna sul fronte greco-albanese e il colonnello Fassi – comandante del 5° - al termine della sua relazione sintetica dice: “Tanto nei durissimi cruenti ed accaniti combattimenti di novembre dicembre sulle alture di Morava e di sinistra Devoli e di febbraio sul Guri i Topit, come negli arditi colpi di mano del 4 febbraio e del 9 marzo, come pure nella gloriosa giornata del 4 aprile, nonché nei luoghi disagiatissimi periodi di occupazione sulle alte e innevate posizioni flagellate da gelida tormenta, ed infine nel periodo di inseguimento del nemico in fuga, tutti gli appartenenti ai reparti messi alla mia dipendenza operativa si comportano sempre in modo veramente degno della forte tradizione alpina dimostrando in ogni contingenza, anche la più critica od ardua o perigliosa, alto senso del dovere, tenacia, audacia, grande spirito di abnegazione e di sacrificio, sereno sprezzo del pericolo e delle sofferenze fisiche. Né minor merito dimostrano coloro che, impiegati nell’insostituibile servizio di trasporti a spalla, e pure sotto le precipitazioni di pioggia o neve framezzo alla bufera, si prodigarono infaticabilmente di giorno e di notte, su lunghissimi ed estrenuanti percorsi, nell’ assolvimento del loro duro lavoro per assicurare i tempestivi rifornimenti di viveri, munizioni, materiali vari ai combattenti in linea, nonché per lo sgombero delle salme dei caduti, e dei feriti, congelati, ammalati”.

         
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Le perdite subite dal 5° nelle operazioni sul fronte greco-albanese sono le seguenti:

n° caduti 184 (16 uff+8 s.uff+160alp), n° dispersi 120 (5 uff+4 s.uff+111 alp), n° feriti 510 (33 uff.+23 s.uff+454 alp), n° congelati 1082 (11 uff+15 s.uff+1056 alp).

****** 24 APRILE – 30 GIUGNO 1941 ******

Terminate le operazioni di guerra i reparti provvedono al loro riordinamento e gli alpini possono finalmente concedersi il meritato riposo. Il 28 aprile il 5° inizia il movimento per trasferirsi, autocarrato, nella zona di Librazhd. Il 14 maggio a Luzh il Re passa in rivista i reparti del 5° ed esprime al comandante della Divisione Alpina Tridentina “il suo vivo compiacimento per il modo brillante e guerriero con cui le truppe si sono presentate alla rivista”. Dal “Diario Storico del 5°” – 20 maggio – risulta: “A quota 2120 del Guri i Topit è stato costruito un cimitero denominato “Cimitero di guerra del 5° Reggimento Alpini” che, in una area di m. 7,5 per 15,5 racchiude 24 salme di Caduti: il primo loculo accoglie la salma dell’eroico capitano di complemento Adriano Auguadri.” Ai primi di giugno i reparti si spostano nella zona di Boktaris Sketerri. Il giorno 8 giugno, a Boktaris, il 5°, schierato in armi, celebra la festa del reggimento. Il colonnello Fassi rivolge agli alpini la seguente allocuzione: “Alpini, un anno è trascorso da che il nostro reggimento già commemorò questa fausta ricorrenza; quando cioè, sui monti dell’alta Valle d’Aosta e nella imminenza dell’entrata in guerra, noi ci apprestammo virilmente ad adempiere, come sempre, il nostro dovere. E, nell’odierno nuovo annuale della sua Festa d’armi, il 5° alpini ben può con intima fierezza affermare che i gloriosi allori del tempo passato sono stati rinverditi da nuove fronde di vittoria: quelle della battaglia del Monte Bianco e quelle della campagna d’Albania. Grandi sono stati i sacrifici e le sofferenze vostre in questo anno di ardue e durissime prove; e molti e fulgidi gli atti d’eroismo e di valore militare. Dolorosamente, purtroppo, tanti camerati vostri non sono più oggi presenti nei ranghi, perché morti o feriti, o perché soffrirono congelamenti od altre infermità causate loro dal crudo inverno e dai debilitanti disagi. Riconoscente ed imperitura memoria noi serberemo dei tanti nostri prodi Caduti sul campo di battaglia o successivamente deceduti, nonché dei tanti altri valorosi che sul proprio corpo martoriato recano il segno delle mutilazioni e del sangue versato. Nelle nostre menti, ai gloriosi e famosi nomi dei monti Fior e Castelgomberto, della Ridotta Lombardia e di Bu-Msafer, che già tanti anni fa acquisirono ai nostri ferrei battaglioni le prime ricompense al Valor Militare collettivo, noi uniamo ora, e con sereno orgoglio, quelli del Fronte Alpino Occidentale: Colle de la Seigne, i Glaciers, il monte Tondu, l’Enclave; e dell’altre d

entate scintillanti vette sulle quali, meglio ancora degli uomini, furono camosci e stambecchi gli attoniti e attenti testimoni delle vostre prodezze tecniche e del vostro alpino e guerriero valore. Ed aggiungiamo ancora quelli, di più recente epoca, dell’Albania: Monti Lofka, Lisec, Guri i Prer, Varr i Lamit, Cuka e Ligerit, Bregu i Math, e tant’altri fino all’ultimo, e più di tutti irrorato di prezioso e generoso sangue: il Guri i Topit! Sui quali monti, come pur sapete e provaste, accecanti bufere di

 

       
   
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neve e venti ghiacciati ed il rigido clima accompagnarono per sei lunghi mesi quelle mirabili azioni difensive e offensive di cui voi stessi foste gli artefici principali; e che numerosi riconoscimenti ammirativi e calde espressioni di riconoscenza vi meritarono, altresì per il generoso altruismo dimostrato dando una mano “all’alpina” a reparti d’altre Armi e Corpi. A tali reparti (ed a loro singoli appartenenti aiutati e soccorsi sempre fraternamente), il 5° alpini, anche nelle più gravi e fin più tragiche situazioni comuni, e pur nell’estrema penuria di mezzi e di forze, diede sempre tutto il possibile appoggio tattico, assistenza a loro feriti e spossati, a ritardatari o smarriti, e altresì divise con essi lo scarso cibo. Questi sono fatti che meritano citazione, e li ricordano le molte espressioni di gratitudine sul momento e ancora di poi pervenute al vostro colonnello, che è ben lieto di confermarvele giacché esse tornano anche e maggiormente a vostro merito e lode. Alpini anziani del Monte Bianco e d’Albania,…questa mia breve rievocazione, nell’odierno annuale della Festa del Reggimento, vuol dirvi, soprattutto, che io sono e sarò sempre fiero dell’onore di avervi guidati in questi due anni d’intensa attività e di grandi responsabilità da tutti e da ognuno assolte con costanza, fedeltà e dedizione. Ma questa rammemorazione del vostro meritorio operato, informato sempre al sentimento del dovere “costi quel che costi” vuole anche essere esortazione ai molti valorosi compagni, che hanno raggiunto il Reggimento qui in Albania ad operazioni di guerra concluse e sono ora anch’essi qui presenti, affinché seguano ognora l’alto esempio dei “vecchi” del 5°, per la sempre maggiore stima, prestigio e onore delle “penne nere”. Segue la solenne consegna, da parte del generale Santovito, comandante la “Tridentina”, di alcune ricompense al Valor Militare, conferite per operazioni del M. Bianco e d’Albania. Il 10 giugno il colonnello Carlo Fassi lascia il comando del 5° perché trasferito al Comando Supremo. Assume il comando del reggimento il tenente colonnello Fausto Lavizzari. Il 23 giugno il 5° si mette in marcia per trasferirsi al Campo “E” in zona prossima all’imbarco per il rientro in Patria. Dal campo “E” i reparti si trasferiscono a Durazzo dove, nei giorni 25,26 e 27 giugno si imbarcano per Bari. A Bari sfilano per le vie della città e si accantonano al Policlinico. A Bari assume il comando del 5° il colonnello Giuseppe Adami e il reggimento – nel luglio 1941 – si trasferisce in Val Sesia con il comando a Varallo Sesia e i reparti nei dintorni. Gli alpini – reduci dalla campagna del fronte greco-albanese – vengono accolti dalla popolazione con calorose manifestazioni di simpatia. I reparti riprendono le normali istruzioni mentre completano i loro organici e riordinano le dotazioni di materiali e quadrupedi. Dalla Val Sesia il 5° si trasferisce in Val Susa con il comando di reggimento a Chiomonte e i reparti dislocati a Oulx, Chiomonte, Beaulard, Sauze d’Oulx. Successivamente raggiunge Rivoli, Avigliana e dintorni e di qui si reca a Torino, il 25 maggio 1942, per sfilare alla presenza del Re il quale appunta sulla Bandiera la Medaglia d’Oro al Valor Militare concessa al 5° per la campagna del fronte greco-albanese. Il comandante di reggimento dice – tra l’altro – nel suo Ordine del Giorno: “La motivazione compendia in una lirica sublime le vostre virtù guerriere, e attesta in modo solenne che la vostra generazione ha degnamente raccolte e continuate le tradizioni di valore dei vostri padri”. Due mesi dopo il 5° lascerà Rivoli e Avigliana per partire per il fronte russo. Il 5° è un reggimento di alpini lombardi e i superiori comandi affacciano il dubbio che, quando le tradotte attraversano la Lombardia per raggiungere il Brennero, qualcuno, attratto dall’odore della sua terra, abbandoni il reparto nell’interno di risparmiarsi la campagna del fronte russo. Ma gli alpini del 5°, pur senza essere a conoscenza di questi dubbi, li smentiscono ampiamente. Non solo nessuno si allontana dal proprio reparto, ma, arrivato in Russia, il 5° ha due alpini in più di quando era partito da Avigliana. Due alpini che, vedendo passare le tradotte dirette in Russia, si sentono indegni di portare il “5” sul cappello rimanendo imboscati mentre il loro reggimento parte per la guerra. E partono anch’essi portando il loro modesto contributo materiale, ma dimostrando col loro gesto quale sia il senso del dovere degli alpini del 5° e degli alpini tutti.

         
   
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Bandiere di     Guerra dei Reggimenti della “Tridentina”

   
   

 

C.   FRONTE RUSSO:

La partenza per il fronte russo avviene, scaglionato in 5 tradotte, fra il 20 ed il 21 luglio 1942 dallo Scalo ferroviario di TORINO – ORBASSANO, seguendo la tratta ferroviaria TORINO P.SUSA, NOVARA, SMISTAMENTO BRESCIA, BRONZOLO, BOLZANO, BRENNERO, INNSBRUK, HAAR, AUGSBURG, CONAUWOHRT, TREUCHLINGEN, WISSENBURG, NURNBERG, HALLE, EILENBURG, GLOGAU, CASTROWO, KAMICH, KOLUSKI, VARSAVIA, TERESPOL, MINSK, GOMEL, MENA, SMORODINO GIUBOTIN, MAREFA, LOSOWAIA, GORLOWKA.

 

         
                                        R 1
                                                                                   21 luglio 1942 - Scalo Ferroviario di Orbassano
   

 

21 Luglio 1942 – Martedì

     Partenza alle 3 del mattino da Collegno – Torino P.Susa – Novara – Smistamento Brescia – Bronzolo – Bolzano – Brennero ore 2 del giorno 22.

22 Luglio – Mercoledì

     Innsbruk (5.30) Haar (11.45) Augsburg (15) Conauwohrt (16.45) Treuchlingen (17.30) Wissenburg (18) Nurnberg (21)

23 Luglio – Giovedì

       Halle (10.30) Eilenburg (11.45) Glogau (22.15)

24 Luglio – Venerdì

POLONIA

       Castrowo (8.30) Kamich (12) Liuks (17) – (Lots) Koluski (18) Skierniewi (21)

25 Luglio – Sabato

       Varsavia ( dale ore 24 del 24 alle ore 8 del 25) Koszwnica (10.45) Siedlce (11.25)

Terespol (17) Brestlitowich (17- 19.30) Zabiuka (20) Bereza Kartaska (24)

26 Luglio – Domenica

     Iwacewicze (3) Baranowicze (9) Stolpe (11.30) Niegoreloie (14) Minsck (17) Ossieporeski

27 Luglio – Lunedì

       Slowius (6.30) Gomel (8)

28 Luglio - Martedì

     Gomel (tutto il giorno)

29 Luglio - Mercoledì    

     Mena (10) Baschmatsh (15) Konotop (17)

30 Luglio – Giovedì

     Smorodino (8.30) Kirikowka (13.15) Giubotin (19) Marefa (20 Charcov)

31 Luglio – Venerdì

     Losowaia ( tutto il giorno)

1 Agosto - Sabato

     Gorlowka (8) Iasjkowo (14) Barwenkovo (15) Slawiaukus (19.30)

2 Agosto – Domenica

     Nikitowa (8) Gorlowka (9) -

         

                                    R 2             

                                                                                                  Percorso ferroviario delle tradotte
   

E’ con tutto il reggimento a NOWA GORLOWKA fino al 16 agosto quando inizia il movimento a piedi per MILLEROWO, il 5° reggimento con i suoi battaglioni è stato inviato alla Divisione Pasubio in rinforzo, il battaglione Tirano occupa la posizione di quota 206 nella zona di SINGIN.

         
   
                                    R 9 
                                                           NoWo Gorlovka 16 agosto 1942 - schieramento del 5° reggimento  per la Santa Messa
   
         
   
                                             R 3

Movimento a piedi     da NOWA GORLOWKA A MILLEROWO

   
   

 

Il 28 agosto il comando del CSIR comunica il passaggio dei battaglioni del 5° Rgt. Alpini alle dipendenze tattiche della Divisione Celere, per cui comando reggimento e i vari reparti si trasferiscono nella zona di Otbeleize.

Il 29 agosto il Comandante della Divisione Celere dà ordine di predisporre per il giorno successivo l’attacco a quota 224 e 232 con due Battaglioni in avanti, il Tirano e il Morbegno e con l’ Edolo in 2° scaglione. Si tratta di realizzare un’azione di collaborazione, con il concorso di 1 battaglione di carri armati ed un reparto tedesco.

         
   
                               R 4              R 5   
   

Il 28 agosto l’Edolo passa al bivio a NW dell’Osservatorio Lombardi, il Tirano al lago, ad W di q. 204 ed il Morbegno ad Otbelejze. Su richiesta del comando tedesco l’azione viene rinviata al giorno seguente, poi al giorno 31 agosto ed infine annullata . Il 30 agosto il comando si trasferisce al lago ad ovest di Q. 204. Lo stesso giorno muoiono il Magg. Volpati, comandante del Btg. Tirano ed altri Ufficiali del Battaglione, a causa del fuoco di mortai nemici, mentre sono in esplorazione nella zona di Jagodnij.Il 4 settembre il comando del 5° insieme al Btg. Edolo si trasferisce a Rubaskin ed il Colonnello Adami assume il comando della riserva di C.d.A., costituita dai Battaglioni Edolo e Tirano e da ½ btg. carri, avendo a disposizione un’autocolonna per il trasporto truppa.

Nella settimana seguente il Btg. Tirano dà il cambio a q.228 a reparti della Sforzesca e del Btg. Vestone, passando alle dipendenze tattiche del 6° Rgt. Alpini.In tutto questo periodo si alternano scontri di pattuglie, rafforzamenti e trinceramenti della linea. La balka di Rubaskin viene trasformata in una cittadella sotterranea.1l 29 settembre il Btg. Tirano va ad occupare le posizioni di q. 226 e passa alle dipendenze della Div. Tridentina

        
   
                                                                                     
                                                                                R 6
                                                                                                                     Lavori a quota 228

Lavori a quota

         
   
                                                                            R 7 
                                                                               Il Cappellano Militare del Battaglione - Padre Crosara
               

 Il Col. Adami continua ad essere il comandante della riserva del C.d.A., costituita ora dal battaglione Edolo e da mezzo battaglione carri.
Ai primi di ottobre il 5° Rgt. Alpini, concluso il compito per il quale era stato dirottato dalla destinazione Caucaso, si ricongiunge al Corpo d’Armata Alpino ed il 10 ottobre, ricevuto il cambio da reparti rumeni, inizia li trasferimento per ricongiungersi al Corpo d’Armata Alpino
.

         
   
                                                 R 8 
                                                                                                                                  BELOGORJE   
   
         
   
                                                               R 10
                                                                                                           Settore del Battaglione Alpini Tirano   
   

 

Il settore assegnato al Reggimento si trova tra Belogorje e Bassowka, presidiate rispettivamente dai Battaglioni Tirano ed Edolo, mentre il Btg. Morbegno, in secondo scaglione, si accampa nel bosco che si trova tra Sirotowka e Blassowka. Il Comando di Rgt. è posto a Sirotowka, mentre i servizi vengono scaglionati a Kuleschowka, Ssergeiewka e Morossowka.
Alle ore 08.00 il Col. Adami, Comandante del 5° Rgt. Alpini assume il comando del settore.
Il 15 gennaio 1943 a seguito dei cedimenti del fronte il btg. “Tirano” deve abbandonare le proprie posizioni e iniziare il ripiegamento.

         
   
                                                            R 11

Podgornoje 19 gen. 43

   
   

 

Il 19 gennaio 1943 il “Tirano” rinforzato dalla 28^ batteria del gruppo artiglieria da montagna “Val Camonica” muove alla volta di SKORORIB e il giorno successivo punta su POSTOJALLI. Sotto il continuo incalzare dell’avversario, il “Tirano” muove alla volta di SCHELJAKINO come unita di testa e, il 23 gennaio prosegue verso WARWAROWKA seguito dal battaglione “Edolo”. Il 25 gennaio viene raggiunto l’abitato di NIKITOWKA. Alla 5.00 del 26 gennaio il battaglione “Tirano” inizia il movimento verso l’abitato di ARNAUTOWO, dove sostiene un duro combattimento. Del “Tirano” restano soltanto 2 Comandanti di compagnia, che con pochi subalterni dispongono in tutto di circa 150 uomini. Questi uomini muovono in concorso ai btg. “Edolo” e “Vestone” all’attacco contro NIKOLAJEWKA.

 

     
                                                                 R 12
                                                                                               Ambulanze  e  slitte in attesa a Belianka   
   

 

 

 

     
   
                                                                           R 14       
   

 

Evidenziato dalla cartina stilata a mano durante la prigionia in Germania dal Ten. Battista SILVESTRI il percorso della ritirata ed il ritorno in Italia per ferrovia. Le fotografie sono dell’Autore della Cartina.

 

 

      
                          R 15R 16R 17

 

Le tradotte del 5° Alpini del rientro

   
   

 

LA RITIRATA di RUSSIA

 

La raccontiamo usando le stesse parole del Colonnello ADAMI a Bressanone il 26 gennaio 1956, in occasione della rievocazione della battaglia di Nikolajeka, alla presenza di una folta schiera di Redici della “ Tridentina”, allocuzione che sintetizza mirabilmente le vicende del 5° Alpini sul fronte russo:

 

         
   
                                                                                          R 18

Colonnello ADAMI  C.Te del 5° rgt.alp.  sul fronte russo

   
   

 

“ La battaglia di Nikolajewka che oggi commemoriamo, per le condizioni eccezionali di ambiente in cui si è svolta, per la enorme sperequazione di mezzi e di condizioni fisiche e morali tra noi ed i russi e per lo svolgimento terribilmente drammatico, possiamo considerarla unica nella storia e possiamo definirla, senza paura di esagerare, la battaglia degli Eroi nel vero senso mitico della parola e come ha detto Don Gnocchi, valoroso Cappellano della “Tridentina”, la più alta vittoria dello spirito sulla materia, della volontà sull’avversa fortuna.

Noi oggi ricordiamo il passato non per un vano ed inopportuno senso di esibizionismo, ma perché non vogliamo dimenticare o lasciare dimenticare quella Fede che non può cessare con la gloria trascorsa, ma vuole essere realtà vivente, maestra sempre delle nostre azioni, stimolo e guida per il futuro. Non possiamo dimenticare chi per quella Fede sì è sacrificato e dimenticare che essa si identifica con l’amore per la nostra terra , la famiglia e la Religione.

La battaglia di Nikolajewka è stata per la “Tridentina” l’ultimo fulgido e grande episodio di una disperata manovra di ripiegamento che sommariamente vi descriverò perché è in Essa che prende grandezza il quadro della battaglia stessa.

   Al 15 gennaio 1942 la Divisione Tridentina composta dal:

-        5° e 6° reggimento alpini;

-        2° reggimento artiglieria da montagna;

-        82° compagnia cannoni anticarro da 47mm;

-        Battaglione genio;

-        25° reparto salmerie e altri servizi vari;

era dislocata sul Don su di un fronte di circa 25 chilometri.

   A quella data i lavori di rafforzamento in linea avevano raggiunto la massima efficacia ed in tutti la convinzione che nessun attacco nemico avrebbe intaccata la nostra difesa; questa fede assoluta nel lavoro compiuto e nella saldezza delle proprie virtù militari trovava piena conferma e si rafforzava nei giorni 16 e 17quando i battaglioni “ Edolo” e “ Vestone” subivano per 48 ore furiosi attacchi di forze superiori e poderosi bombardamenti senza che le linee fossero minimamente intaccate. Non solo, ma il giorno 15, con ardita azione, due pattuglie dell’”Edolo”, al comando del Tenente Raiteri, passano il Don e distruggono due bunker nemici a dimostrazione della nostra piena efficienza e del nostro spirito combattivo.

Si è ancora in piena battaglia nel settore dell’”Edolo” e del “Vestone” che il giorno 17 viene dato l’ordine di iniziare il ripiegamento per le ore 17, lasciando sul posto piccoli reparti di copertura fino all’alba del 18 per proteggere il movimento del grosso.

   Adunata dei reparti a Podgornoje. Così , in una serata fredda e plumbea, la Divisione “ Tridentina”, che non aveva mai subito un insuccesso, lascia le sue formidabili posizioni, definite dai tedeschi “piccola sigfrido” per iniziare un ripiegamento senza meta e senza direzione. Da più giorni il Corpo d’Armata Alpino era come una grossa isola in mezzo ai russi, che dilagati sui fianchi che avevano ceduto, erano gia alle nostre spalle per ben 200 chilometri di profondità ed avevano già occupato Rossosch, la sede del Comando del Corpo d’Armata, tutte le basi logistiche arretrate, compresi i centri di raccolta salmerie, sbarravano le principali vie di comunicazione, con potenti mezzi corazzati.

         
                                  R 19
                                                                              Autocarrette     della Tridentina ferme tra Podgornoje e Postojali   
   

   All’alba del 18 la “ Tridentina”, seguita dai reparti di copertura che avevano potuto disimpegnarsi brillantemente, è riunita a Podgornoje dove già si trovavano i Comandanti di Divisione e di Corpo d’Armata, i Generali Reverberi e Nasci, il Generale Heibel comandante dei resti di un Corpo d’Armata tedesco, con pochi elementi corazzati superstiti ed i resti del gruppo italo-tedesco “Vulcano” di cui faceva parte il nostro valoroso reggimento Artiglieria a Cavallo.

   Il Generale Reverberi ordinava la costituzione di due colonne:

-        5° Alpini, obiettivo Postojalli, direzione Scororib,

-        6° Alpini, obiettivo Postojalli, direzione Opyt dove la sera stessa sarebbero affluiti i vari comandi.

        
   
                                                               R 20

SKORORIB

   
   

  Precedevano le colonne i battaglioni “Tirano” e “ Verona “, obiettivo Postojalli. I due battaglioni muovevano autotrasportati la sera stessa del 18. All’alba del 19 dovevano muovere i grossi,

   Il “Tirano” la sera stessa comunicò per radio che trovava difficoltà nell’oscurità ad entrare in Scororib che riteneva fortemente presidiata. Ricevette in conseguenza ordine dal comando del 5° di sostare in attesa dell’alba. Il “Verona”, entrato in Posojalli, dopo una cruenta lotta, ne veniva poi ricacciato da notevoli rinforzi russi.

   Il grosso del 5°, diretto su Scororib, trovava sulla direzione il “Tirano” ancora fermo e truppe tedesche in difficoltà di fronte ad un attacco russo appoggiato da carri armati. Il Comandante del 5° ordina all’”Edolo” di scavalcare il “Tirano” ed i reparti tedeschi e di attaccare il paese.

 

L’”Edolo”, con il concorso deo gruppo “Valcamonica” ed i semoventi controcarri tedesche, con un brillantissimo attacco che si risolve alla baionetta al grido di “ Savoia”, in poche ore occupa il paese catturando armi, cannoni, automezzi e prigionieri.

   Muore in combattimento il valoroso colonnello comandate le formazioni tedesche.

Al mattino successivo, il giorno 20 il 5°, scavalcando alcuni reparti della Julia” e del “Vicenza”, procede su Lessinscanchi che era stata occupata dal “ Morbegno” nella notte ed arriva a Postojalli verso mezzogiorno.

   Intanto il nemico nella notte del 19 aveva attaccato furiosamente e ripetutamente Opyt cercando di isolare i comandi delle truppe che operavano su Postojalli, i battaglioni “Verona” e “Valchiese” e reparti del “Vestone”, ma l’eroico comportamento dei reparti in posto, il sacrificio totale della 45^ batteria del “Vicenza”, il valore del II battaglione Genio, riuscivano ad avere ragione del nemico. Il 20 mattina Postojalli veniva definitivamente in possesso dei battaglioni del 6°, dopo una asperrima lotta. Moltissime le perdite del nemico, ma anche le nostre furono dolorose specialmente per il battaglione “Verona”

A Postojalli il generale Reverberi assume il comando dell’avanguardia composta dai battaglioni del 6° “Vestone” e “ Verona” e dai gruppi corazzati del Colonnello Faut e Maggiore Fischer. Il Comando della”Tridentina” venne assunto dal Comandante del 5° al quale si riunisce il “Morbegno” che era con la Divisione “Vecenza”. L’avanguardia, munita di mezzi adeguati, aveva il compito di rottura mentre la colonna del 5° e degli altri reparti costituivano il grosso e la retroguardia. Lo stesso giorno 20, senza possibilità di sosta e di riposo, la “ Tridentina”, preceduta dalla truppe dell’avanguardia, lascia il carnaio che era Postojalli per Nova Karkowka sotto gli attacchi continui del nemico che con carri armati, artiglierie e mortai, cerca di sbarrarci il passo provocandoci numerose e dolorose perdite.

   Cade quel giorno anche il generale Heibel che muoveva su di un semovente con il generale Nasci. All’alba del 21 tutte le truppe entrano in Nova Karkowka il cui sbarramento è rotto definitivamente.

   Era il quinto giorno di combattimento in tre giorni che la “Tridentina” aveva dovuto affrontare, ma gli Alpini che dal giorno 15 combattono ininterrottamente , camminano senza riposo e senza cibo sotto tormente di neve e di freddo siberiano – meno 40 gradi - cominciano a dare segni di stanchezza e di esaurimento. Molti sono i congelati agli arti. Le slitte non sono più sufficienti per trasportare i feriti ed i congelati. Le auto carrette non hanno più carburante e devono essere abbandonate rinunciando così a preziose scorte di viveri e di munizioni. Incominciano a verificarsi i primi dolorosi casi di alienazione mentale e di esaurimento.

   La “Tridentina” alle ore 14 del 21, dopo poche ore di riposo, riprende la marcia e a notte inoltrata, non riuscendo a trovare ricovero per tutti sosta per poche ore. La marcia è ripresa all’alba del giorno 22 e si arriva davanti a Scheljakino fortemente occupata dal nemico che fa manovrare parecchi carri armati.

         
                                                               R 21
                                                                                                                       SCHELJAKINO   
   

 Il “Vestone e l’”Edolo”, con le loro batterie e appoggiati dea semoventi tedeschi e dai nostri 47, occupano con brillante azione il paese e l’avanguardia procede senza indugio. Il grosso cioè il 5° ed altri reparti, subiscono ancora un attacco di carri armati e solo all’imbrunire può disimpegnarsi ed avviarsi verso ovest come era convenuto.

   Il battaglione “Morbegno”, con la 31^ batteria del “ Bergamo”, la 82^ compagnia cannoni e le salmerie, che sono di retroguardia, vengono attardati dalla confusione di una massa di circa 40.000 sbandati e nella oscurità profonda perdono il contatto con il grosso che non potranno più raggiungere, perché dovranno assolvere il loro gravoso compito di retroguardia combattendo duramente per tre giorni contro forze preponderanti e masse di carri armati che cercavano di attaccare il grosso in coda e sui fianchi.

   Il loro sacrificio fu quasi totale; enormi le perdite e gli atti di valore. Cade colpito in fronte il Maggiore Sarti, comandante del battaglione e poco dopo il Capitano Emanuelli che lo sostituiva. Il Maggiore Fabrocini, raccolti alcuni gruppi di superstiti, dopo altri combattimenti riesce a raggiungere, dopo alcuni giorni il grosso. Altri superstiti con Amighetti, Negri, Zanotti, Bianche gravemente ferito, attraverso attacchi continui, raggiungono Karkow. Della 31^ batteria e della 82^ cannoni più nessuno fa ritorno.

   Il valore leggendario delle nappine bianche del “Morbegno”, della 31^ batteria del “Bergamo”, della 82^ cannoni hanno permesso alla “Tridentina” di proseguire nella sua faticosa marcia ed arrivare, dopo che il 6° Alpini in avanguardia aveva decisamente attaccato e sfondato un altro sbarramento nemico a Romankowo la notte del 24, dove non tutti trovano ricovero nelle isbe, e della battaglia contro il freddo e la tormenta, molti non ne escono vivi

   Non vi è sosta, non vi è tregua ed all’alba si riparte ed il 5° si accantona a Nikitowka mentre il 6° porta più avanti tra Arnautowo e Nikolajewka. Tutti trovano ricovero nelle numerose isbe ed in tutti la speranza di un po’ di riposo. Ma la sera cominciano gli attacchi e si protraggono tutta la notte specialmente forti contro il “Val Chiese” e la 33^ batteria del “Bergamo” che, a costo di gravi perdite, riesce a salvare i suoi pezzi. All’alba del 26 il 5°, con in testa il “Tirano”, al centro il gruppo tedesco del Maggiore Fischer e di retroguardia l’”Edolo” ed il gruppo”Valcamonica”, si muove per congiungersi con al 6° per l’attacco a Nikolajewka che risulta fortemente occupata.

   Il”Tirano” giunto alla selletta di Arnautowo, viene attaccato da forti formazioni russe che penetrate alla spalle del 6° avanzano baldanzose cantando, accompagnate da un violento fuoco di mortai e di armi automatiche. Il “Tirano” del Maggiore Maccagno, pur con poche armi automatiche, quasi tutte inefficienti, non esita e si lancia al contrattacco in una tremenda ed impari lotta e con l’ausilio di una mitragliatrice della 48^ compagnia, ben piazzata su un fianco, di un pezzo del gruppo Fischer ed uno del “Valcamonica, riesce a respingere il nemico che lascia sul terreno molti morti ed un gran numero di armi di ogni tipo.

   L’ora del “Tirano” è però pagata a caro prezzo; ben undici Ufficiali e numerosissimi Alpini cadono eroicamente e molti sono feriti.

   Non vi è dubbio che il sacrificio quasi totale del “Tirano” alla selletta di Arnautowo ha impedito ai russi di tagliare in due la colonna dividendo il 5° dal 6° ciò che avrebbe determinato l’annientamento completo e la fine; perché l’”Edolo” non avrebbe potuto arrivare in tempo utile a dare man forte, stretto come era da una calca di 40.000 sbandati ed alle prese di attacchi di partigiani in coda.

   Onore e gloria quindi al “Tirano” ed ai suoi eroici Caduti che hanno reso possibile alla “Tridentina” di affrontare ancora vittoriosamente il nemico a Nikolajewka ed aprire la strada verso la libertà a migliaia di sbandati che al valore degli Alpini si erano affidati.

   Ed eccoci davanti a Nikolajewka. Prima di accennare allo svolgimento del combattimento, terzo in meno di venti ore, che ha concluso vittoriosamente la famosa battaglia, è bene metter in evidenza la sperequazione delle forze e dei mezzi contrapposti.

   I battaglioni del 6° già privatissimi nei combattimenti dei giorni precedenti e che, come il “ Val Chiese”, avevano combattuto tutta la notte, potevano disporre di circa un migliaio di uomini validi che , già dall’alba, erano alle prese coi russi davanti a Nikolajewka e stavano subendo delle dolorose perdite.

   Del 5° si poteva fare affidamento sui superstiti del “Tirano”, circa 200, sulla compagnia comando reggimentale e sulla compagnia comando dell’”Edolo” che era riuscita a riunirsi a noi.

In tutto circa 1500 uomini. Come armamento degli Alpini possiamo affermare che era costituito da fucili 91 e da bombe a mano che non sempre funzionavano, le poche armi superstiti erano in gran parte inefficienti, mortai e cannoni anticarro da 47 più nessuno.

   La nostra artiglieria poteva contare sui pochi pezzi del gruppo”Vicenza” dell’eroico Colonnello Calbo e sui resti del “ Bergamo” di Meozzi, sui pezzi del gruppo Fischer, due da 155, due carri armati e una katiuscia del Colonnello Faut, il tutto però con un numero limitatissimo di munizioni.

   Condizioni fisiche degli uomini disperate, al limite di ogni resistenza, sfiniti dalle lunghe marce e dal digiuno, martoriati dal gelo, dalle ferite, dalla sete e dalla fame.

   Le truppe russe contrapposte erano in parte siberiane, abituate a freddi assai più terribili, razionalmente equipaggiate, walenke ai piedi, giubbotti imbottiti, copricapo di pelo, ognuno con un mitra, un numero rilevante di mitragliatrici di tutti i calibri, automezzi, semoventi, aeroplani da ricognizione e da mitragliamento che non ci davano tregua. Morale alto perché agivano contro un nemico in ritirata che credevano ormai vinto. Lo dimostra il fatto che si lanciarono contro il “Tirano” cantando allegramente. Erano in molti, una divisione, asserragliati in un grosso paese dietro una difesa naturale che era il terrapieno di una ferrovia e la possibilità di sparare come in grosso poligono contro di noi che dovevamo scendere allo scoperto per la falda bianca di una grande balka. Questo breve quadro per mettere meglio in evidenza in che condizioni gli Alpini della “Tridentina” hanno saputo vincere.

   Il Generale Nasci ed il Generale Reverberi giunti davanti a Nikolajewka, dove i battaglioni del 6° gia tenacemente combattevano abbarbicati alla massicciata della ferrovia, si resero conto, anche perché riferito dai Comandanti di battaglione Chierici e Bracchi, già ferito, che non avrebbero potuto da soli superare l’infernale sbarramento di fuoco che mieteva continuamente vittime. Diedero l’ordine di raccogliere tutti gli elementi del 5° ed inviarli in rinforzo al “Val Chiese” e al “Vestone” in situazione critica davanti al lato est del paese. Parte perciò il Maggiore Maccagno con i 150 superstiti del “Tirano” col valoroso Capitano Piatti, già ferito, il Capitano Alessandria, unici Capitani di compagnia superstiti, parte il Capitano Pasini con la compagnia comando dell’”Edolo”. Vengono messi in posizione i pezzi del “Vicenza”, e a poche centinaia di metri dal nemico sparano i pochi colpi ancora rimasti incuranti delle forti perdite che a loro procuravano i mortai russi. Anche tutti i pezzi tedeschi sono in linea e sparano sul paese; i due carri d’assalto tedeschi giunti oltre la ferrovia non possono proseguire perché non sufficientemente protetti e con scarsissime munizioni. Partono per l’attacco anche molti Ufficiale de comando del 5° e del 6° Alpini, dell’artiglieria, del genio e dei servizi.

   Gli atti di ardimento e di eroismo non si possono contare, ma ciò nonostante la situazione rimane ancora indecisa. Il nemico con il fuoco continuo di tutte le sue armi, batte i reparti già attestati alla ferrovia e gli elementi che lungo il declivio scoperto della balka scendono a raggiungerli provocando molte dolorose perdite.

Gli uomini cadono a decine, anche nella sterminata massa degli sbandati che un po’ indietro attendono l’esito della battaglia. I mitragliamenti aerei provocano dei vuoti. Il battaglione “Edolo” ed il gruppo”Valcamonica”, ritardano serrati dalla calca.

   Il Generale Reverberi guardando quella massa di gente che sta inerte alle nostre spalle pensa che è giunto il momento di incitare tutti con l’esempio e preso il Generale Nasci sotto braccio si avvia alla ferrovia per partecipare personalmente all’attacco e cercare di entrare in paese prima che arrivino le tenebre perché non vi è dubbio che nessuno avrebbe potuto resistere ad un addiaccio in quella notte fredda. Molti seguirono i due coraggiosi Generali mentre l’azione riprendeva violenta e drammatica perché gli Alpini, le cui povere mani ghiacciate reggevano un misero fucile, trovavano ancora la forza di reagire leoninamente alla terribile reazione nemica ed alla deficienza dei mezzi supplivano con aggressività che aveva del miracoloso.

   Mentre si stava per toccare l’acme della tragicità ecco arrivare il battaglione “Edolo”, Belotti in testa, seguito dal “Valcamonica” che senza indugio si lancia nella lotta.

   Spiegata la 51^ a destra e la 50^ a sinistra il battaglione oltrepassa di slancio i binari ed investe impetuosamente l’abitato. Due pezzi del gruppo “Bergamo”, spintisi audacemente avanti, e le armi ancora efficienti della 110^ compagnia piazzate velocemente appoggiano efficacemente l’avanzata. Il Generale Reverberi, salito su di un carro d’assalto tedesco’ si lancia in paese gridando “ Tridentina Avanti” e gli Alpini ai lati, con lotte a corpo a corpo, conquistano in breve tempo l’abitato. Nel furore della battaglia le mitragliatrici ed i cannoni nemici non ci arrestano più.

   Il nemico rimane disorientato ed indeciso di fronte a tanta audacia e slancio e di ciò ne approfittano gli Alpini il cui spirito aggressivo si rinvigorisce e cacciano definitivamente i russi cha lasciano sul terreno un mucchio di morti, di armi di ogni genere. I superstiti si danno alla fuga.

   Il miracolo è compiuto. Nikolajewka è presa da pochi uomini esausti, sfiniti e pressocchè disarmati. Nella storia di questa epica battaglia risolta in tre sanguinosi combattimenti che si succedono quando il primo non era ancora finito, gli atti di valore individuale, gli eroismi di quegli uomini che, pur al limite della resistenza umana, hanno avuto la forza di spezzare l’ultima parete di ferro che li separava dalla libertà, sono stati tali e tanti che mi è impossibile descriverli e tanto meno di far i nomi di tutti quegli eroi. Non possiamo però non ricordare i due Generali Nasci e Reverberi a braccetto dirigersi impavidi verso il sottopassaggio della ferrovia sotto un uragano di fuoco decisi a sacrificarsi pur di dare l’esempio, non possiamo dimenticare il Generale Martinat che animato dallo stesso spirito di sacrificio si lanciava all’attacco con la compagnia comando del 5° trovando eroica morte.

   Non possiamo dimenticare gli artiglieri del “ Vicenza” e del “Bergamo” schierati a poche centinaia di metri dal nemico sparare gli ultimi colpi mente i mortai russi facevano saltare i pezzi, muli e serventi ed in questa disperata altruistica azione in appoggio ai compagni Alpini morivano anche il comandante del “Vicenza” Colonnello Calbo ed il Sergente Maggiore Tempesti.

   Non possiamo dimenticare gli ultimi superstiti del “Tirano” lanciarsi ancora nella lotta nella quale trovarono eroica morte il Capitano Piatti, già ferito ad Arnautowo, ed il Tenente Astolfi e quelli del Morbegno” scampati miracolosamente alla morte ed alla prigionia, combattere ancora in paese con il Tenete Merlini che rimane ferito.

   Non possiamo dimenticare i Cappellani che, come il frate della leggenda, San Bernardo da Mentone, con il crocefisso in una mano e bombe nell’altra, lordi di sangue, combattevano e benedicevano. Non possiamo dimenticare i Medici, che, valorosi soldati in combattimento, si negavano il riposo nelle soste per tagliare e curare carni doloranti e ridare vita a tanti eroi.

   E’ sempre davanti agli occhi lo spettacolo indescrivibile dei posti medicazione la notte di Nikolajewka dove, alla luce di fiochi lumicini, si vedevano Medici lordi di sangue, tra il lezzo della cancrena ed i gemiti dei feriti, tagliare carni ed inghiottire pezzi di mulo cucinato alla belle meglio tra i feriti ed i morenti.

   E’ doveroso poi un tributo di riconoscenza ai nostri valorosi compagni della Wermacht. I resti dei gruppi corazzati del Colonnello Faut e del Maggiore Fischer che hanno combattuto strenuamente e valorosamente con gli Alpini con un senso di grande cameratismo. Ricordiamo il Generale Heibel che colpito a morte rifiutava l’assistenza e dichiarava che gli Alpini erano i migliori soldati del mondo perché combattevano solo con il fucile 91. Ed il Colonnello comandante le formazioni tedesche a Scororib che morente diede da buon soldato la consegna delle sue truppe al comandante del 5° augurandogli buona fortuna.

   E cosa dire di tutti quegli Ufficiali, Sottufficiali e soldati di tutte le specialità e servizi che non essendo inquadrati in un reparto, armati solo di grande fegato e di una ferrea volontà di vincere, si sono lanciati anche loro all’attacco di casa in casa nel paese pagando con un forte tributo di morti e di feriti il loro generoso slancio.

   E non vorrei finire questo troppo succinto racconto di gesta valorose senza ricordare che il Capitano Grandi della 46^ compagnia del “Tirano”, colpito a morte ad Arnautowo, vedendo i suoi soldati piangenti attorno a lui diceva: “ cosa fate li con quei musi? Cantate con me la canzone del – Testamento del Capitano”, ed accompagnata dalle tristi note di quel coro, la sua bella e giovane vita si spegneva. Troppo ci sarebbe da dire sugli eroi vivi e morti della “Tridentina”. Basti il fatto che furono distribuite 21 Medaglie d’Orto. I superstiti devono a loro eterna riconoscenza; la Patria deve a loro una delle più gloriose pagine della storia del valore di nostra gente

 

     

                                                   

                                                        R 22

                                ......il Capitan della Compagnia e l'è ferito e sta per morir e manda a dire ai suoi Alpini che lo rivengano a ritrova.....

       
   

 Finisco questa mia arida e frettolosa cronistoria degli avvenimenti della Battaglia di Nikolajewka ripetendo quanto Don Gnocchi ebbe a dire in proposito dopo la stessa battaglia:

- DIO ERA CON GLI ALPINI…… MA GLI ALPINI ERANO DEGNI DI DIO - ;

si perché avevano quella fede che li ha fatti diventare eroi; l’amore per la Patria e per la famiglia, fede che diventava sempre più grande quanto più il gelo di una notte ostile, l’aggressione ossessionante di una terra nemica senza orizzonti e senza meta si accanivano contro di loro e quando le forze stavano per crollare la visione dell’Italia, della famiglia lontana era per loro una luce che li rendeva disperatamente decisi a raggiungerla.

   Solo uomini che possiedono così forte questa fede possono avere fatto quello che hanno fatto per cercare di uscire dal cancello dell’eternità. Ma quegli uomini non sono morti, ci sono ancora, eccoli la, schierati in armi sotto la gloriosa Bandiera, sono i loro figli, i loro nipoti, sono della stessa razza, la razza del montanaro eguale in tutto il mondo, che non mollerà mai perché ha delle radici poderose piantate in terra dura e rocciosa.

   Io mi permetto come vecchio Alpino, di ricordare ai giovani Comandanti che questi Alpini sono gli stessi che a Nikolajewka, praticamente senza armi, hanno saputo vincere una battaglia essenzialmente con le loro qualità morali.

Meditate su questo, specialmente ora che la dottrina, il tecnicismo ed il materialismo prendono il sopravvento su tutto e fate che la grande fiamma dello spirito alpino non abbia mai ad impallidire perché questa fiamma è necessaria più della armi per l’integrità morale e materiale della nostra Patria.

 

 

D. FRONTE DELLA LIGURIA E FRONTE FRANCESE

Il 1° gennaio 1944, è trasferito in Germania, nei campi di Heuberg e Munsingen, per compiere l’addestramento.

 Iniziò il rientro in Italia il 19 luglio 1944, partendo da Munsingen, raggiungendo la costa ligure della Riviera di Levante il 26. Venne schierato a difesa del settore costiero da Sestri Levante a Moneglia con compiti di difesa antisbarco, prendendo possesso delle postazioni cedute dai tedeschi che provvide a migliorare. Le postazioni del “Tirano” furono, già dal 29 luglio, subito prese di mira dall’aviazione Alleata che, su indicazioni molto precise provenienti dai partigiani, colpì con precisione gli obiettivi, causando i primi caduti.

Le incursioni furono contrastate dalla contraerea che, una mattina, riuscì ad abbattere tre aerei. I caduti del “Tirano” furono i primi della “Monterosa”. Tolte le incursioni aeree, il “Tirano” non venne particolarmente impegnato, vista la tranquilla attività di presidio della costa e la non partecipazione ai rastrellamenti nell’entroterra.

 Dopo lo sbarco degli Alleati in Provenza del 15 agosto, al Battaglione venne ordinato di prepararsi al trasferimento in Piemonte, sul fronte delle Alpi Occidentali nel settore del Monginevro. Il 9 settembre il “Tirano” partì dalla Liguria, giungendo a Cesana (TO) l’11.

Il 13 entrò in linea dando il cambio a reparti tedeschi dell’85° Reggimento della 5° Div. Alpina “Gams”, inserendosi tra le linee dell’85° Reggimento dal quale dipese tatticamente. Venne schierato su un settore che correva ad altitudini superiori ai 2.000 metri di quota, da Claviere passando per Rocca Clary e Punta Rascià sino al Monte Gimont, con l’ultimo posto di combattimento al Monte Chenaillet a 2.650 metri. Il Comando del Battaglione venne posto in linea a Punta Pascià, mentre a Pinerolo rimase la base arretrata, a Cesana si costituì quella avanzata e Bousson divenne la sede della Compagnia che a turno scendeva dalla prima linea per il turno di riposo. Il settore preso in carico era ben fortificato, con bunker, gallerie, casermette e baracche apprestate da tempo e fornite di stufe e brande per poter combattere il freddo intenso e le abbondanti nevicate.

Di fronte, in postazioni ugualmente fortificate, erano schierati americani e francesi metropolitani e coloniali. Costante l’azione dell’artiglieria e dei mortai francesi cui si rispondeva con parsimonia a causa delle scarsità di munizioni. Per quanto riguarda le attività dei partigiani invece la situazione in linea era tranquilla, la popolazione temeva di vedere scendere i francesi e conosceva la loro arroganza. Qualche problema invece verso la base arretrata di Pinerolo, dove era meno forte il sentimento antifrancese e più forte era la presenza delle bande partigiane presenti nella Val Chisone. Particolarmente delicati erano i viaggi delle comandate fra Cesana, Claviere e la prima linea, percorsi su strade e mulattiere che correvano per lunghi tratti sotto il pieno controllo degli osservatori nemici, che facevano intervenire prontamente l’artiglieria.

Nella metà di ottobre i francesi, con una azione di sorpresa, occuparono l’avamposto dello Chenaillet, prontamente rioccupato con una azione congiunta di alpini del “Tirano” e tedeschi che, il 21, con una azione a tenaglia ebbero ragione dei difensori francesi, un reparto di coloniali. Nell’azione cadde alla testa delle forze attaccanti l’alpino Renato Assante, un italiano nato in Turchia che aveva mantenuto la cittadinanza italiana ed era venuto in Italia per arruolarsi come volontario entrando dopo l’8 settembre nell’Esercito della R.S.I., alla cui memoria verrà concessa la M.O.V.M., unica della Divisione.

 

Nuova azione il 23 dicembre, quando un pattuglione di alpini sciatori, del “Tirano” e tedeschi, compì un’incursione nelle linee avversarie facendo saltare le fortificazioni del M. Janus, da dove partivano le pattuglie francesi. Quindi fino alla primavera l’attività venne svolta solo con azioni di pattuglie e contro pattuglie, causa le abbondanti nevicate che impedirono altre azioni.

         
   
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Zona delle     Operazioni del “Tirano”

   
   

 

l 23 aprile 1945 arrivò l'ordine al Comando del “Tirano” di iniziare il ripiegamento verso la pianura ma, causa un improvviso attacco dei francesi in direzione di Claviere, respinto prontamente, solo il 26 il Battaglione poté riunirsi a Cesana da dove, incolonnato con i reparti della “Gams” e del Gruppo “Mantova”, iniziò il ripiegamento verso Pinerolo, attraverso la   Val Chisone. La colonna, attraversato Pragelato e Fenestrelle, giunse nei pressi di Roseto, dove cadde in un’imboscata dei partigiani che avevano sfruttato la stretta valle e i boschi circostanti per nascondersi ed aspettare con calma il momento opportuno per l’attacco.

Respinto l’attacco, il pomeriggio del 27 riprese   il ripiegamento    del Battaglione “Tirano”, con la

13a Compagnia in testa, la 12a al centro e l’11a in coda. Il Comandante, l’aiutante maggiore e il Cappellano si consegnarono ai partigiani come ostaggi per assicurare una ritirata incruenta ai loro uomini, il comando del Battaglione venne assunto dal Cap. Schileo. Oltrepassata Perosa Argentina, la colonna in ripiegamento dovette oltrepassare San Germano, strettoia che si prestava ad un’imboscata. Nella notte tra il 27 e il 28 la marcia riprese e, non appena passato San Germano, si scatenò l’inferno, con raffiche precise indirizzate verso i tedeschi e gli Alpini che componevano la colonna in ritirata. La pronta e precisa reazione, anche dei pezzi del Gruppo “Mantova”, sorprese i partigiani che dovettero ritirarsi. All’alba del 28 la colonna raggiunse Pinerolo, da dove, nella notte successiva, partì per dirigersi verso Rivoli. Giunti a Rivoli il C.L.N. propose al “Tirano” la resa, con le stesse condizioni offerte da altre formazioni partigiane: libertà per gli alpini e consegna degli ufficiali agli Alleati, tale proposta venne accettata e il Battaglione “Tirano” si sciolse. Anche in questa occasione gli accordi presi con i partigiani locali non vennero rispettati e molti militari vennero catturati e portati nelle Carceri Nuove di Torino, dove subirono violenze, torture e fucilazioni. Solo l'8 maggio gli americani presero in consegna i superstiti prigionieri per portarli nei campi di prigionia. La 12a Compagnia non accettò la resa e, con elementi delle altre Compagnie che si erano aggregati, proseguì verso Torino dove, venuta a conoscenza del messaggio del Maresciallo Graziani, trattò la resa con i partigiani della brigata “Val Sangone” e si sciolse. In questo caso i patti vennero rispettati e gli ufficiali vennero consegnati agli americani senza violenze di sorta.

 Organigramma Battaglione

Comandante: primo Comandante il Magg. Augusto Gardini, poi il Ten. Mario Pola, quindi il

                        Magg. Serafino Glarey.

Aiutante Maggiore: Ten. Sulliotti, poi il Ten. Ghittoni

Ufficiali: Ten. medico Renzo Muliari, Ten. medico Reina, Ten. medico Ettore Riboni, Ten. Bonardi,

            Cap. Sellari-Franceschini, S.Ten. Salvatore Guttuso, Ten. Carlo Don Panseri, Ten. Carlo

            Don Carlo Bargelli, Ten. Bianchini, S.Ten. Giuseppe Rodinò

11a Compagnia: Ten. Carlo Clara, poi il Cap. Adriano Roggero, infine il Ten. Mario Anghileri;

                           Ufficiali – Ten. Anselma, Ten. Tirelli, Ten. Verdi, Ten. Vignola, S.Ten. S. Arrighi

12a Compagnia: Cap. Felice Ferrarese, poi il Cap. Francesco Barbi; Ufficiali – Ten. S. Dall’Oglio,

                           Ten. Giorgio Pavirani, S.Ten. Pier Angelo Bonacina, S.Ten. Calzolari, S.Ten.

                           Cappello, S.Ten. Ciavarra

13a Compagnia: Cap. Antonio Rebecchi, il Ten. Sergio Dall’Oglio, infine il Ten. Riccardo Camber;

                           Ufficiali – Ten. Tersilio Mazzolini, S.Ten. Ferrus, S.Ten. Felice Pedrocco, Ten.

                           Carcereri

14a Compagnia: Ten. Scoccimarro, poi il Ten. Carlo Clara, infine il Cap. Sellari Franceschini;

                           Ufficiali – Ten. Ferrero, Ten. Lauriano, Ten. Stefano Scoccimarro, S.Ten. Ventura

15a Compagnia: Cap. Ruggero Schileo; Ufficiali – Ten. Arnaldo Acetoso, Ten. Schiani, S.Ten. Ezio

                           Del Turco, S.Ten. Lino Salvaderi

Caduti

I Caduti accertati del Battaglione “Tirano” assommano a 59, anche se l’elenco è certamente incompleto per difetto.

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